lunedì 6 gennaio 2014

Gli ultimi fuochi

Gli ultimi fuochi

di Roberto Nistri

già edito in: Taranto Oggi - 31 dicembre 2013

Nei primi anni Ottanta Taranto viveva la sua ultima stagione felice. Era una città con una forte e riconosciuta identità: godeva ancora di un benessere più o meno diffuso e risultava plausibile una prospettiva di innovazione culturale , un non- solo- acciaio volto ad arginare lo strapotere della monocultura. Con la conclusione della Vertenza Taranto, bene o male era stata riassorbita la disoccupazione di ritorno e la base operaia rimaneva ancora la spina dorsale della città , mentre alla Fiat la composizione metalmeccanica subiva una pesantissima contrazione. Certo la felicità non disdegnava la compagnia dell’ottusità. Il mucchio selvaggio delle ditte appaltatrici rimaneva il brodo di cultura di una rampante economia criminale, mentre sul mercato dell’acciaio i paesi emergenti diventavano sempre più competitivi. Nel futuro di Taranto erano sempre appostati i mille errori del suo passato.
“Era il migliore dei tempi, era il peggiore dei tempi”, aveva scritto Dickens nel Racconto delle due città, e anche quel titolo calzava a pennello per l’eterna Taranto duale. Il giocattolo doveva essere frantumato da un articolo del grande Sandro Viola, Un salto nell’Italsider, così Taranto si è uccisa, in “la Repubblica” del 29 settembre 1985. Era il de profundis della città-azienda, destinato a suscitare polemiche e proteste fra gli operatori culturali, che proprio in quegli anni si erano impegnati nel risanamento della Città vecchia e in una strategia di reconquista di un primato culturale antagonista rispetto al tardo municipalismo “cataldiano”. In verità Viola non aveva mancato di apprezzare una “buona sorpresa”:  una piccola scuola di storici della Taranto industriale, che aveva già prodotto validi approfondimenti scientifici, “a partire dal fortunato esordio di un libro di Roberto Nistri, Cafoni, arsenalotti e galantuomini”. In effetti, per la prima volta e in pochi anni,  la cultura cittadina poteva esibire un corredo di pubblicazioni molto apprezzate nella storiografia nazionale, che dovevano funzionare da volano per la nascita di riviste e di case editrici ancora oggi operative, anche con un ruolo propositivo da parte delle Istituzioni. Veniva a determinarsi una sinergia miracolosa fra Giuliana Ermacora, dirigente del CRSEC Regione Puglia, Giuseppe Francobandiera dirigente del circolo aziendale dell’Italsider e massimo operatore culturale del Mezzogiorno, nonché Tommaso Anzoino, illuminato assessore alla cultura del Municipio di Taranto.
Si trattava dunque di un passaggio realmente cruciale e ricco di chiaroscuri. E’stato piacevolmente rievocato il 18 dicembre 2013 nella splendida location  di via Duomo, con una godibile “chiamata alle arti” di molti operatori musicali e artistici di quegli anni, in occasione della presentazione del libro di Sergio Natale Maglio: Taranto new Wave, una meritoria pubblicazione dell’editore Scorpione che, nell’immane pubblicistica jonica inzuppata di diossina e benzoapirene,  ha offerto la storia inedita di una  musica giovane prodotta da ragazzi  che inseguivano  una utopia fra due mari: “Dedicato a chi l’ha visto e a chi non c’era /  e a chi quel giorno lì / inseguiva una chimera” (Ivano Fossati).
Si racconta la  romantica vicenda di una generazione nata in piazza della Vittoria che, fra gli ultimi anni ’70 e i primi anni ’80,  ha voluto puntare su Taranto, ha cercato di essere protagonista di una svolta al contempo politica e musicale, al di fuori e contro il recinto siderurgico, costruendo gemellaggi sonori con altre dimensioni musicali come Pordenone, avendo anche come sponda eccentrici intellettuali “adulti” che  frequentavano il mitico Caffè  di via D’Aquino; una esperienza  anche quella  proficua e irripetibile.  L’onda lunga della contestazione giovanile doveva frangersi sulla Nuova Frontiera della droga e della malavita organizzata. Ma della storia dispersa di quella  meglio gioventù si continuerà ancora a raccontare. Utopia, utopia, per piccina che tu sia…