da: TarantoOggi,
Mercoledì 8 Maggio 2013, pagina 7
Un
viaggio a più voci nel libro di Giovanni Battafarano su taranto
Dalla
dittatura alla Repubblica
Una
vasta cornice di pubblico, lunedì sera, nella sala del centro sportivo Magna
Grecia, ha fatto da cornice alla presentazione del libro ‘Taranto Democratica,
dalla dittatura alla Repubblica 1943-1946’, da pochissimi giorni in libreria,
edito da Scorpione Editrice. Un volume collettaneo, a più voci, curato da
Giovanni Battafarano, responsabile Anpi per il Mezzogiorno e presidente
provinciale della stessa associazione dei partigiani d’Italia. Un’opera che si
avvale degli storici tarantini Alfredo Anzoino, Roberto Nistri, Pinuccio Stea.
“E’l’ultimo lascito scientifico che Alfredo Anzoino consegna alla città” dice
subito, in apertura di serata, un commosso Giovanni Battafarano mentre ricorda la
figura dello storico contemporaneista, scomparso solo pochi giorni fa. Anzoino,
intellettuale apprezzato, dirigente scolastico dell’Archita, rappresentava al
meglio una generazione di giovani docenti che negli anni ’60 erano convinti di
avere una missione fondamentale. Quella di garantire la possibilità, cioè, agli
studenti dei ceti popolari, di acquisire gli strumenti culturali. In un Paese,
l’Italia, che negli ultimi trent’anni ha attraversato un profondo processo di
rimozione e mistificazione della guerra di liberazione, in cui si è fatta
strada, a livello politico e storiografico, l’immagine del “fascismo buono”, la
stessa, identica, operazione culturale che fu fatta per le colonie e “gli
italiani brava gente”, ‘Taranto Democratica, dalla dittatura alla Repubblica 1943-1946’
ha la pretesa di colmare i vuoti lasciati dalla storicistica ufficiale, dagli
insegnamenti nelle scuole, dalle stesse posizioni, a volte ambigue, delle
istituzioni politiche. Per raccontare, spiegare, far conoscere, tutto ciò che è
avvenuto, senza limiti, luci ed ombre, di quel periodo, momenti di vittoria e
sconfitta, di elaborazione e lutto. Ma ‘Taranto Democratica, dalla dittatura
alla Repubblica 1943-1946’ è un’opera fondamentale, anche, perché mira a
sfatare un pregiudizio: quello del sud che ha conosciuto poco la resistenza, ed
ancor meno l’antifascismo. “Pregiudizi infondati, perché Taranto ha conosciuto l’antifascismo,
espressosi in varie forme, così come in altre città del sud”, si legge nella
prefazione scritta da Carlo Smuraglia, presidente nazionale Anpi, al volume che
fa parte di un percorso che l’Anpi di Taranto ha avviato già da qualche tempo: quello
di far vivere il percorso della memoria attraverso momenti di grande spessore
artistico e culturale. Come è stato già fatto con la mostra di pittura sulla
resistenza del maestro Enzo Falcone, tenutasi l’anno scorso nella galleria del
Castello aragonese. O così come si sta facendo con il progetto di costituzione
della biblioteca dell’antifascismo a Taranto, (1922- 1946); un piano di lavoro
che avvalendosi di un apposito comitato scientifico, coordinato da Giuseppe
Stea, e composto da valenti storici, giovani e meno giovani, si sta ponendo
l’obiettivo di costituire un archivio della documentazione esistente
sull’antifascismo e la resistenza in terra ionica. L’opera, quindi, altro con è
che un tassello di quell’opera di ricostruzione della nostra storia locale che
va dagli ultimi anni del fascismo fino alla nascita della Repubblica, che l’Anpi
sta portando avanti. In una città, Taranto che pagò un alto prezzo in termini
di carcere e morte per gli antifascisti. Un antifascismo, quello ionico, di
matrice prevalentemente comunista, che poteva contare su leader prestigiosi
come Odoardo Voccoli, sindaco di Taranto e senatore della Repubblica, Giuseppe Latorre,
deputato al Parlamento, ma anche su un diffuso numero di quadri intermedi che
permettevano all’organizzazione di radicarsi non solo tra gli operai, ma anche
tra i pescatori, gli artigiani e i ferrovieri. “Ma Taranto ebbe la
particolarità di essere stata anche una città fascistissima” scrive Giovanni
Battafarano. E prove lo sono il ruolo di primo piano assegnato alla città dalla
strategia espansionistica del regime e i tantissimi investimenti
infrastrutturali che determinarono la piena occupazione e di conseguenza un
vasto consenso al regime. Questo volume, quindi, ha anche l’ambizione di
ricostruire la maniera in cui Taranto passa dall’entusiasmo per la guerra alla
lotta antifascista. All’interno tre saggi ricostruiscono gli ultimi anni della
guerra che poi diventerà di liberazione. Nel primo ‘L’altro dopoguerra e la
nascita della nuova Italia’, Roberto Nistri ricostruisce il periodo che va
dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945. Descrivendo la caduta del regime,
arricchendola con note farsesche che dimostrano quanto qui il regime non cadde
con quell’aurea di tragicità che si riscontra da altre parti d’Italia. Nel
saggio uscito postumo, Alfredo Anzoino ricorda i tarantini caduti durante la resistenza
e la guerra di liberazione, a tanti dei quali è dedicata, anche, una lapide a
Palazzo di Città, affissa dalla giunta municipale il 25 aprile 1947. In quella
lapide manca una figura prestigiosa di quella gloriosa pagina di storia
tarantina. Il colonnello dei carabinieri Ugo De Carolis, caduto alle Fosse
Ardeatine. Non manca la figura del carabiniere, invece, nella rievocazione
offerta nel libro, da Anzoino. Al posto del docente scomparso, è toccato a
Salvatore Romeo, giovane dottorando in storia, relazionare nell’incontro.
Nell’ultimo saggio scritto da Giuseppe Stea, siamo già oltre la guerra: 25
aprile 1945 – 2 giugno 1946 è il periodo breve ma intentissimo con cui si
chiude il libro. Quella gloriosa tradizione di storia politica, culturale e
sociale, sul cui ritorno, nel tempo in cui si richiama una nuova stagione
costituzionale, si dichiara scettico il magnifico rettore dell’ateneo barese
Corrado Petrocelli, a cui sono state affidate le conclusioni dell’incontro.
Gaetano
De Monte
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