di Roberto Nistri
già edito in: Taranto Oggi - 31 dicembre 2013

“Era il migliore dei tempi, era il peggiore dei tempi”,
aveva scritto Dickens nel Racconto delle
due città, e anche quel titolo calzava a pennello per l’eterna Taranto
duale. Il giocattolo doveva essere frantumato da un articolo del grande Sandro
Viola, Un salto nell’Italsider, così Taranto si è uccisa, in “la
Repubblica” del 29 settembre 1985. Era il de
profundis della città-azienda, destinato a suscitare polemiche e proteste
fra gli operatori culturali, che proprio in quegli anni si erano impegnati nel
risanamento della Città vecchia e in una strategia di reconquista di un primato culturale antagonista rispetto al tardo
municipalismo “cataldiano”. In verità Viola non aveva mancato di apprezzare una
“buona sorpresa”: una piccola scuola di
storici della Taranto industriale, che aveva già prodotto validi
approfondimenti scientifici, “a partire dal fortunato esordio di un libro di
Roberto Nistri, Cafoni, arsenalotti e
galantuomini”. In effetti, per la prima volta e in pochi anni, la cultura cittadina poteva esibire un corredo
di pubblicazioni molto apprezzate nella storiografia nazionale, che dovevano
funzionare da volano per la nascita di riviste e di case editrici ancora oggi
operative, anche con un ruolo propositivo da parte delle Istituzioni. Veniva a
determinarsi una sinergia miracolosa fra Giuliana Ermacora, dirigente del CRSEC
Regione Puglia, Giuseppe Francobandiera dirigente del circolo aziendale
dell’Italsider e massimo operatore culturale del Mezzogiorno, nonché Tommaso
Anzoino, illuminato assessore alla cultura del Municipio di Taranto.
Si trattava dunque di un passaggio realmente cruciale e
ricco di chiaroscuri. E’stato
piacevolmente rievocato il 18 dicembre 2013 nella splendida location di via Duomo, con una godibile “chiamata alle
arti” di molti operatori musicali e artistici di quegli anni, in occasione
della presentazione del libro di Sergio Natale Maglio: Taranto new Wave, una meritoria pubblicazione dell’editore
Scorpione che, nell’immane pubblicistica jonica inzuppata di diossina e
benzoapirene, ha offerto la storia
inedita di una musica giovane prodotta
da ragazzi che inseguivano una utopia fra due mari: “Dedicato a chi l’ha
visto e a chi non c’era / e a chi quel
giorno lì / inseguiva una chimera”
(Ivano Fossati).
Si racconta la romantica vicenda di una generazione nata in
piazza della Vittoria che, fra gli ultimi anni ’70 e i primi anni ’80, ha voluto puntare su Taranto, ha cercato di
essere protagonista di una svolta al contempo politica e musicale, al di fuori
e contro il recinto siderurgico, costruendo gemellaggi sonori con altre
dimensioni musicali come Pordenone, avendo anche come sponda eccentrici
intellettuali “adulti” che frequentavano
il mitico Caffè di via D’Aquino; una esperienza anche quella
proficua e irripetibile. L’onda
lunga della contestazione giovanile doveva frangersi sulla Nuova Frontiera della
droga e della malavita organizzata. Ma
della storia dispersa di quella meglio gioventù si continuerà ancora a raccontare. Utopia, utopia, per
piccina che tu sia…
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