CLAUDIO FAVA, L’Italia
dimenticata dagli italiani, Milano 1995.
(Un viaggio nel sud d’Europa, in “Taranto Città futura”, “LiberEta”, agosto 1995)
Recensione di Roberto Nistri
Pubblicazione integrale in “Galaesus”, n. 19.
Claudio Fava, figlio di Giuseppe Fava, vittima della mafia,
conferma un limpido impegno civile senza committenza politica, senza
appartenenza di botteghe e complicità di cordata. L’unica appartenenza, dichiarata
e irrinunciabile, è ad una terra, a una storia, a una memoria: a un sud che non
è quello lagnoso e vittimista, cinico e rapace, ma è quello che ha il volto
fiero e malinconico di Gian Maria Volontè nelle sue interpretazioni dei
personaggi di Sciascia. Da giornalista di razza, Fava percorre e ripercorre le
strade di questo sud, continuamente scrivendo e riscrivendo le carte dei
bisogni e delle speranze, dei vecchi e dei nuovi poteri, la topografia dei
contropoteri, della resistenza alla sopraffazione e al degrado. Una voce che
rompe il silenzio del sud, un sud che è stato zittito, colpevolizzato da una
sorta di rivoluzione passiva che lo indica come il “piombo” nelle ali dello
svilippo… Se vogliamo liberarci da questa sorta di ipnosi, non dobbiamo cedere
alla tentazione del cupio dissolvi,
dello spirito apocalittico, del pathos della rovina, dell’estetica del relitto. Dobbiamo resistere al canto
delle sirene dei malintenzionati adulatori, dei colonialistici
“valorizzatori”, con i loro
stipendiati trombettieri. Il vero amico del Sud non può essere uno specialista
della dimenticanza, uno stiratore di panni sporchi o un fabbricatore di
scacciapensieri. Deve essere un uomo-contro, che riesce a serbare la memoria
del dolore, che è capace di criticare amando…
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