Glorie di Terronia
di Roberto Nistri
© Roberto Nistri. Tutti i diritti sono riservati. Opera già edita a stampa
Ci sembra di cogliere, nella nuova o nuovissima “Voce del Popolo”, alcuni smarcatori
culturali
rispetto alla linea del giornale dei Rizzo di cui si è
voluto riprendere l’onorata testata: facciamo
riferimento alle due pagine curate da Raffaele Conte, C’era
una volta a Taranto l’Università
dei Terroni,
arricchite da una foto - abbastanza fuori tema - di Mussolini con le stampelle.
Si tratta di un’intervista a Maria Carmela Bonelli,
ricercatrice di storia ginosina, che ricorda con affetto la figura dello zio
Francesco Paolo Buonsanti, “noto fascista” nonché “chirurgo in ortopedia e
stimatissimo intellettuale”, che si trovò a dirigere, con sovrano sprezzo del
ridicolo e del buon senso, l’Accademia
dei Terroni nella sua fase terminale, dopo la paranoica gestione Di Napoli.
Antonio Rizzo che, sulla vecchia “Voce”, ebbe a
ridicolizzare ferocemente il miserabilismo culturale della detta Accademia, non avrebbe mai potuto immaginare che
oltre cinquanta anni dopo,sotto la stessa testata, la storica Bonelli potesse
elogiare “una Istituzione che investiva in pieno la Questione meridionale
imperniata sull’applicazione di un criterio di giustizia distributiva nel
campo delle lettere, delle scienze e delle arti” (un criterio quanto mai
oscuro e scriteriato, avrebbe
chiosato Rizzo). E’ l’aria che tira: la marcia del gambero, indietro tutta!
Nel periodo in cui un grande meridionale come Elio Vittorini dirigeva a Milano “Il Politecnico”, la più innovativa rivista del dopoguerra, a Taranto toccava in sorte l’Accademia dei Terroni: “il termine acquisiva un significato di nobiltà, quasi un valore onorifico per tutti coloro che – per stessa affermazione dei soci – fossero al di sotto di quella linea gotica, voluta e potenziata da politici ed industriali del Nord, che aveva diviso gli Italiani in Terroni e Polentoni” (storica Bonelli dixit). Rivista del sodalizio era “Valigia del Sud”, trasformatasi nel 1952 in “Il Carroccio del Sud”. L’Ente è stato istituito per difendere “tutti i valori dello spirito dei Terroni” e propugnare, come si legge nell’art.1 dello Statuto, la “giustizia distributiva” di cui sopra. L’Associazione si propone di far sorgere filiali anche al Nord e persino “a New York, Parigi, Londra, ecc.” (art. 3). Ma nessuno può farne parte se non attesta di essere “Terrone per nascita, per sangue o di adozione da almeno 10 anni” (art. 4). Si farà opera di promozione presso riviste e case editrici per pubblicazioni degli Accademici e “ le persone che si saranno distinte per comprensione e vero spirito di fratellanza e di giustizia verso i nostri Terroni, saranno additati agli italiani quali Cavalieri dello Spirito” (art.6). Naturalmente “la religione ufficiale dell’Accademia è la Cattolica” (art.13).
Il servizio di Conte offre anche una bella foto del pool di cervelli dell’Accademia, tutti giustamente
innominati, considerando che il comando assoluto
dell’organizzazione è nelle mani dello scrittore Franco Di Napoli, un grafomane
autore dell’antologia Taranto che scrive,
giudicata da Piero Mandrillo “un agglomerato impossibile ed indigesto”. In un
delirio di onnipotenza, nel nuovo statuto del 1950, il Di Napoli si arroga il
diritto di trasferire la Sede in qualunque altra città, di sciogliere e di
ricomporre qualsiasi organo dell’Università, sostituire qualsiasi carica,
deliberare l’ammissione e la radiazione dei soci, con giudizio inappellabile
(art.11). Nello stesso articolo si legge che il Di Napoli “è nominato a vita e
designa il suo successore”. I suoi poteri, commentava Antonio Rizzo, “eccedono
di gran lunga quelli di tutti i capi di stato viventi, nonché quelli di tutti i
tiranni passati e presenti, da Caligola a Stalin” (“Voce del Popolo”, 25
novembre 1950). Mentre il Presidente della Repubblica può nominare 5 senatori a
vita, il Fondatore-Direttore autorizza se stesso a nominare 25 senatori
accademici a vita, e per anni rilascia e revoca titoli di Libero Docente,
Cavaliere dello Spirito et similia, convalidati da un timbro tondo: Università
dei Terroni – Taranto – Magna Grecia – Trinacria. Produzione culturale? Zero
assoluto.
Che dire di queste storie di ordinaria follia in terra
jonica ? Parce sepulto. Se poi l’ondata trash del delirio leghista-federalista dovesse riportare in auge simili
pappolate, si spera che almeno non venga coinvolta l’onorata testata della
“Voce del Popolo”.
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