Alla corte di Rodolfo
di Roberto Nistri
Il 5 ottobre 2008 è stata inaugurata la mostra I sogni, i
segni e la terra del mito con un convegno
su
“Rodolfo Valentino: un museo da riaprire a
Castellaneta”. Un pubblico attento
ha affollato il Salone della Provincia per tutta una matinée domenicale e questo va ad onore ovviamente del
pubblico ma anche delle esperte associazioni promotrici - Amici dei Musei e
Centro Studi Rodolfo Valentino - che hanno offerto la visione di un eccellente
filmato, preceduto da interventi storico-culturali di notevole spessore: dalla
ricostruzione filologica della formazione scolastica del “piccolo Rudy”
presentata dalla dottoressa Chirico alla appassionata affabulazione del regista
Pantaleo, già nel 1995 curatore di una mostra con pregevole catalogo sul
“principe dei sex symbol”.
La soddisfazione per il buon successo dell’iniziativa per un certo verso accresce anche
l’amarezza
per la modestia degli sforzi, negli ultimi decenni, volti a
supportare in maniera non provinciale e rozzamente turistica una “bene
culturale” di tale portata, nel mentre tutta la Puglia andava dotandosi progressivamente di
centri di produzione e diffusione cinematografica. Bisogna dire che anche il depliant dell’ultima mostra reca i sintomi di una persistente
inferiorizzazione comunicativa: a parte il risparmio sugli accenti , le
virgolette che si aprono e non si chiudono, il titolo di un film in minuscolo,
in un solo rettangolino si sbaglia la data di nascita (addirittura 1985,
ripetuto con convinzione pochi righi appresso) e si manda il bravo ragazzo Rudy
a studiare a Perugina (!) per poi
concludere la paginetta con uno spot turistico reso ancora più infelice dalla
scomparsa dell’inizio frase.
Purtroppo già l’avvio del “memoriale” valentiniano con
l’inaugurazione nel ’61 di un monumento (che brutto era e brutto è rimasto) non
soddisfece le grandi aspettative pubblicitarie e turistiche,
raccogliendo invece l’unanime sarcasmo di tutta la stampa
nazionale, da destra a sinistra (cfr. “Voce del Popolo”, 7 e 28 ottobre 1961).
Maligna fu la ripresa cinematografica dell’evento, girata dal subdolo Gualtiero
Jacopetti, con un’implacabile carrellata sulla folla di maschi impomatati e
basettonati, con espressioni rese ancora più ottuse da furbeschi giochi di
luce, con commenti francamente razzisti della voce fuori campo. La soirée castellanetana divenne parte integrante del
documentario Mondo cane, il primo
repertorio trash sulle schifezze del pianeta con 800 milioni incassati soltanto
in Italia.
Negli ultimi cinquant’anni, altre sedi, certo meno titolate
di Castellaneta, hanno saputo onorare con munificenza l’immortale “figlio dello
sceicco”. Per esempio, presso l’istituto agrario “Marsano” di Genova ove
Rodolfo Guglielmi, allievo modello e galante, seguì dal 1910 al 1912 un corso
da giardiniere, per le celebrazioni del ’95 venne raccolto tutto ciò che si
poteva raccogliere per onorare il Mito, a partire dalle testimonianze dei
vecchi Bartolomeo Vaccaro, giardiniere, e Luigi Marsano, inserviente. Il
vice-preside Vittorio Mecacci raccolse
tutti i temi e i componimenti lasciati dall’allievo Guglielmi, che in
bella calligrafia spiegava come aiutare una vacca a partorire e come potare le
piante. Si lasciava anche andare a considerazioni personali rivolgendosi a un
ex compagno di corso e ricordando i tempi in cui si erano “conosciuti
intimamente”. Sempre un eroe, comunque: narra il registro di classe di
quando Rudy saltò dalla finestra
del primo piano per salvare una professoressa inseguita da una mucca. Le
celebrazioni si conclusero con un seminario curato da Edoardo Sanguineti, con
la consacrazione di una sala permanente e l’omaggio al Divo di un’orchidea
battezzata Sangue e arena dal titolo di
un suo famoso film.
In quell’occasione ebbe a chiarirsi anche un’altra bella
storia riguardante il giovane protettore di professoresse inseguite. Rudy tornò
a Genova per l’ultima volta nel 1920. Su un’auto hollywoodiana il mito del
cinema risaliva la strada tortuosa della collina di Sant’Ilario per rivedere
l’amica Felicita Sassarego. Era il suo grande rimpianto, lo strascico che si
era lasciato alle spalle, il ricordo che non passava, neanche all’apice del
trionfo. Quella era l’unica donna che aveva detto no al grande Rudy Valentino.
Come racconta Marco Ferrari in Rudy Valentino, il genovese, la loro relazione adolescenziale era durata lo
spazio di un’estate, quella del 1911, passeggiando tra i sentieri fioriti di
Sant’Ilario. Felicita, la figlia della cuoca della scuola, aveva sedici anni,
esattamente come Rodolfo. Troppo giovani per stringere un vero amore, ma le
prime lettere passionali della futura star del cinema furono proprio per lei,
come testimoniano le carte custodite nell’archivio dell’istituto “Marsano”. Una
ventata di sentimenti tra due adolescenti che si tenevano per mano. Dopo fu
solo rimpianto: per l’amore vero, da parte di Rudy, per l’amore mancato, da
parte di Felicita, rimasta legata per tutta la
vita al ricordo di quella breve estate d’inizio secolo.
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