sabato 9 aprile 2016

Dove affiggere il Manifesto per Taranto di Roberto Nistri


Dove affiggere il Manifesto per Taranto di Roberto Nistri


Intervento di Fabio Caffio


Ha ragione Piero Massafra nel dire che il Manifesto  di Roberto  Nistri  andrebbe affisso in una qualche  cattedrale laica che a Taranto non si sa dove sia. 
Purtroppo la mancanza di un nucleo   di persone  impegnate nel culto del bene della Città è da secoli il limite della nostra Taranto, sempre interessata  al contingente, a volte anarchica,  spesso non costruttiva ed incapace di andare oltre lo sberleffo del  ce' te la face fa'.  Forse Nistri ci direbbe che l'unica eccezione a questo stato di cose -derivante da chissà quali caratteristiche genetiche- può ritrovarsi nel periodo magnogreco del governo illuminato di Archita.
A scorrere la storia millenaria di Taranto si ritrova in effetti una capacità di autolesionismo  ed un'inerzia  nell'azione che non ha eguali altrove. Basti ricordare  il traumatico passaggio dalle Due Sicilie al Regno d'Italia in cui la Città tardomedievale  e  la zona dell'attuale Borgo fu  quasi distrutta e stravolta in nome dell' affarismo di pochi e dello sviluppo tumultuoso delle opere di difesa e cantieristica militare. Altro scempio fu quello  urbanistico  commesso dopo la costruzione dell'Italsider, quando le Amministrazioni comunali  autorizzarono una massiccia ed insensata cementificazione edilizia nelle vie del Borgo.
In aggiunta, Taranto appare ora -come è stato detto- una Città popolata da apolidi che, non avendo memoria di una patria comune, sono privi di un metro per giudicare il presente. Ancora una volta  la colpa di questo va ricercata nella mancanza di un nucleo fondante di cittadini interessati al bene comune. Ma anche nel fatto che la Città appare drammaticamente preda dell'attivismo dei Comuni del suo entroterra e della non nascosta logica colonizzatrice di Bari e Lecce cui fa comodo l'ignavia tarantina.
A ragionare con il parametro del cui prodest, potrebbero formularsi molte ipotesi maliziose sui perchè  dell'inarrestabile precipitare della crisi dell'ILVA, dei mancati dragaggi dei fondali del porto,  della chiusura del terminal container ("provvisoriamente" trasferito a Bari), dello strano maleficio che impedisce al District Park di decollare, dell'ultradecennale chiusura "per lavori" del glorioso Museo Archeologico Nazionale dalle cui ceneri è nato un MarTa apparentemente migliore ma di fatto depotenziato, della subdola soppressione per "accorpamento" della Soprintendenza, della liquidazione del Corriere del Giorno, dall'editto barese contro l'operatività dell'aeroporto di Grottaglie.
Su chi contare, allora?
Certo sarebbe auspicabile un primo cittadino che conosca bene i mali della Città e si batta con energia ogni giorno e, soprattutto, in momenti come questi in cui le risorse finanziarie del CIS Taranto sono ancora in attesa di essere impegnate in progetti concreti.  Insomma un Tarantino di alto profilo come quel Francesco Trojlo che nei suoi dieci anni di governo municipale evitò la lottizzazione della Villa Beaumont-Peripato e la "privatizzazione" del Mar Piccolo. Un Cataldiano il quale non abbia timore di giudicare la sua Città senza  ricorrere a verità di comodo, e si concentri su settori come le attività produttive legate al mare, le potenzialità turistiche, le sinergie con il Materano, le condizioni di vita al quartiere Tamburi, l'arredo e l'igiene urbana, i parcheggi, il riuso delle aree militari non più necessarie alla Difesa, la valorizzazione del Mar Piccolo.  Inoltre ci vorrebbero  politici combattivi che contrastino, nell'Amministrazione regionale, le pulsioni egoistiche dei capoluoghi vicini e spronino il Governatore ad agire  in modo super partes anche  nell'interesse di Taranto.
Dove affiggere dunque il Manifesto di Nistri ? Escluso per ora il Palazzo Municipale, avendo il Palazzo del Governo una  funzione per così dire statica, non udendosi più le voci autorevoli del soppresso Dipartimento della Marina, della trasferita Soprintendenza  e del nascosto Liceo Archita ma solo una pluralità di coristi spesso non coordinati tra loro,  essendo  l'Arcivescovado una sede sì autorevole ma diversa da quella dei tempi del grande Monsignor Capecelatro, non resta che pensare alla Dogana del Pesce di Piazza Fontana sopravvisuta con la pensilina liberty. Luogo magico della Tarentinità  che per millenni è stato l'ingresso della Porta Napoli, l'approdo di pescatori e cozzaruli, il ritrovo di una popolazione operosa e paziente. Lì è il Mar Piccolo, di lì si vedono le ciminiere dell'ILVA, il triste scafo di Nave "Vittorio Veneto, i resti desolati dei Cantieri Tosi. Ma lì c'è ancora la vita pulsante di molluschicolturi e marinai che attendono da decenni il riscatto della loro condizione di precarietà e subalternità in attesa di essere nuovamente posti, con regole chiare e moderne da rispettare, al centro della vita economico-sociale della Comunità. Se lo faremo, quelli tra noi che sono senza patria cominceranno a capire cos'è veramente Taranto !

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