IL SOGNO DELLA GRANDE VELA
L’ARCHITETTO E L’ASSESSORE
di Roberto Nistri
© Roberto Nistri. Tutti i diritti sono riservati. Opera già edita a stampa in "architettitaranto" 09, 2012
Nel fascicolo nn. 5/6 di <<Architettitaranto>>
Giulio Ponti ha indicato la Concattedrale di Taranto come l’opera più felice e
completa della seconda fase del lavoro creativo del padre, il grande artista
Giò Ponti. E’ stato ricordato il sodalizio fra l’architetto e l’arcivescovo
Motolese, che ha permesso di superare non pochi ostacoli (“forze negative
esterne”) a partire dall’iniziale diffidenza delle Autorità Vaticane preposte
al controllo delle nuove costruzioni ecclesiastiche, restie ad affidare
l’incarico ad un architetto così moderno. Giulio Ponti ha efficacemente
ricostruito il processo ideativo e l’evoluzione operativa della Concattedrale
sorta “in mezzo a un prato”, in totale isolamento rispetto al contesto, ma
vocazionata a divenire il “ nuovo cuore della città”, circondata nel verde da
piazze, scuole, attrezzature sociali e culturali. Si sarebbe dovuto partire da
un progetto urbanistico organico, parzialmente abbozzato dal Maestro Ponti;
invece la Grande Vela è stata subito “aggredita, assediata, soffocata da banali
(per non dire di peggio) condomini residenziali”.
Nel suo saggio La Chiesa e la Città (inserito nel volume collettivo Taranto
negli anni Settata, in corso di stampa per le
edizioni Mandese) Vittorio De Marco racconta il Grande Sogno dell’Architetto:
“Proporrò, come mio omaggio alla città di Taranto, il piano che senza perdere
neanche un centimetro del verde destinato a questa zona della città, pone la
cattedrale al centro di una corona di opere architettoniche (per le quali è da
bandire un concorso nazionale) affinchè attorno alla cattedrale, che sarà il
fulcro vivente, sorga una zona di esemplare significazione di civiltà, che
disponga ai margini del verde nel quale è immerso il Tempio, di alcune
esemplari case di abitazione (la vita), di una scuola materna (l’infanzia), di
una scuola media (l’adolescenza) ed infine di un complesso culturale civico
costituito da una biblioteca-pinacoteca-auditorio. Ed ogni edificio avrà la
vista sulla cattedrale”. Ed aggiungeva: “Che non s’abbia a dire: avevate una
grande occasione e l’avete perduta”.
Figurarsi! I tarantini sono collezionisti di occasioni
perdute. La visione della Grande Vela doveva afflosciarsi in una indecorosa
storpiatura del progetto originario, piegato alla gretta cupidigia della
speculazione edilizia. Ponti aveva progettato una Grande Vela rispecchiantesi
nell’acqua delle vasche, simbolo del mare Jonio, sognando un infinito
veleggiare della sua opera nella natura di una Taranto “liberata”: “L’architettura della
Cattedrale sarà compiuta - perché è stata progettata in questa versione -
quando sarà aggredita dal verde dei rampicanti, assediata e difesa,
selvaticamente, da ulivi, eucalipti, oleandri e piante a cespuglio della terra
tarantina: e sarà bosco, fiorirà in primavera, perderà foglie in inverno.
Quando sarà espropriata dalla Natura, appropriata da Dio, e navigherà nel
cielo, suo territorio, abitata da uccelli”.
Aggredita dal verde? La Vela (la più qualificata opera d’arte moderna presente sul
territorio) è stata aggredita dalla lazzaronaggine, semplice o qualificata, del
sottobosco assessorile. Una cattedrale che si voleva “sommersa nell’aria” è
stata assediata da termitai in cemento, incagliata in vasche prima trasformate
in immondezzai e poi pavimentate: una Vela arenata in un mare pietrificato come intristita metafora di una Taranto
inchiavardata. Nel 1990
l’architetto Giulio Ponti, nella sacrosanta difesa dell’opera di suo padre,
chiese all’assessore ai LL.PP. di tutelare l’integrità dell’opera d’arte, di
“provvedere al ripristino di quanto è stato così immotivatamente demolito”,
invece di procedere a indebite modifiche del progetto originario. Il bravo
assessore Melucci, convinto che la sola Amministrazione cittadina avesse il
diritto di mettere le mani sull’opera di un artista, ingiunse al Ponti di farsi
gli affari suoi, con la minaccia che “ogni sua azione rivolta ad operare al
meglio per questa grande e storica città di Taranto offende la professionalità
dei tecnici locali e l’intelligenza dei tarantini e non è escluso un effetto
negativo dei suoi desiderata” (!). A sgonfie vele, come sempre.
Note bibliografiche
G. PONTI - L. MORETTI, La concattedrale di Taranto, Taranto, 1983
V. DE MARCO, La vela di Giò Ponti, Taranto, 1989
R. NISTRI, Un monumento, una vela e il palio dei grulli, in <<Astolfo>>, Taranto, aprile 1990
M. TORRICELLA, Giò Ponti 1964-1971, Martina Franca (Ta), 2000
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