Roberto Nistri
Jonici Graffiti
2. Tristi fontane
© Roberto Nistri 2015. Tutti i diritti sono riservati.
“Mia povera
fontana / col male che ài / finisci / vedrai / che uccidi me pure. Colf, clop,
cloch, clocchete/chchch… E’ l’indimenticabile Fontana malata di
Palazzeschi. Una fontana tisica, tossicosa, ossessiva nel suo sofferente
sgocciolare. Ormai scomparse le fontanelle del secolo scorso, rimane come brand
cittadino la Fontana dei venti”: non grande opera d’arte, comunque ben inserita nel suo ambiente e
resistente, di fronte al malagire di diversi amministratori. Purtroppo in malo
modo defunse una più bella fontana,
quella di Carlo V, nella Piazza
Grande della città vecchia. Possiamo ricordarla solo nelle descrizioni di
Cataldantonio Carducci: Arme di Casa d’Austria, quattro putti armati di fiocine
con delfini. Quattro tritoni che gettano acqua in una conca con quattro statue:
Atlante, Ercole, Diana e Giunone. Al di
sotto una conca ancora più spaziosa, rabescata in bassorilievo di vari
geroglifici.
Non venne
distrutta dalla tanto deprecata amministrazione borbonica, che anzi la conservò
in buone condizioni, riservando addirittura il carcere ad alcuni appaltatori
che volevano lucrare sull’appetitoso risanamento. La ditta D’Eredità si mostrò
imbroglionesca: il capocantiere finiva carcerato e il garante dell’appalto,
Francesco Antonio Marturano, si
rifugiava nel convento di S. Francesco,
per poi darsi alla latitanza. Insomma, la fontana continuò a vivere
dignitosamente, fino a quando gli amministratori della nuova Taranto, diedero
prova di ardimento anti austriaco, accanendosi contro la antica e bella
fontana: la prima e non ultima empietà
del “risanamento distruttore” , dell’autolesionismo tarantino. Costo
12mila ducati, un terzo del bilancio comunale. A denti stretti vien voglia di
dire: “Onore ai Borbone”.
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