Roberto Nistri
Jonici Graffiti
7. Paradisi perduti
© Roberto Nistri 2015. Tutti i diritti sono riservati.
Arrivarono un
giorno i Signori della Guerra, e dell’Eden fecero macerie.
In quegli anni
felici per i distruttori dei beni culturali, sopravvenne la demolizione per la Torre Nova alla Marina, i Bastioni Carducci, la Chiesa di San Giovanni, il monastero dei Fatebenefratelli, dichiarati
tutti irrecuperabili. Miracolosamente si salvava qualche frammento della villa
del più “nobile spirito di Taranto”: quel Monsignore “giacobino”, Giuseppe Capecelatro,
che aveva ospitato Goethe, Lamartine,
Madame de Stael. Quel Paradiso terrestre doveva malinconicamente mutarsi in Ospedale
della Regia Marina, con i due antichi leoni ridotti a pietrosi cani da guardia
di marinai a riposo.
La villa Capecelatro era stata acquistata nel
1837 dal tenente generale Florestano Pepe. Dopo la sua
morte, nel 1851, passava in eredità al fratello Guglielmo
Pepe, che il 9 marzo 1850 sposava la nobildonna scozzese Marianna Coventry. Rimasta vedova nel 1855, Marianna visse abbastanza nella Villa, divenendo benefattrice locale e stringendo
amicizia con Cataldo Nitti. Si spegneva
il 9 marzo 1865. Alla fine la tenuta
rimaneva all’ultima proprietaria, la nipote Luisa Carlotta Coventry.
Piace rievocare l’eccentrica presenza di quella comunità di
scozzesi sulle rive dello jonio, dove ancora si avvertiva la presenza del
favoloso “Casino di Monsignore”: un
paradiso per umanisti. Nel 1883 giungeva
l’esproprio militare e quindi la
demolizione. Ma è bello pensare a
notturni incontri di nobili fantasmi fra
due mari: giacobini, patrioti antiborbonici, che incontrano in
sogno bonapartisti letterati come Monsieur Laclos, ritto in piedi sul suo fatidico
scoglio fra le isole Cheradi. Fra le
ombre anche l’autentico Conte di
Montecristo, segregato dai sanfedisti
nel Castello Aragonese: tutti
confortati, nelle notti senza luna, dal suono antico delle cornamuse scozzesi.
Crediti: grazie a Valerio Lisi
e Mina Chirico.
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