Il convento di S. Pasquale nel 1900 |
Roberto Nistri
Jonici graffiti
5. Cacciatori d’oro fra i due mari
© Roberto Nistri 2015. Tutti i diritti sono riservati.
Il trafugamento dei beni archeologici è il romanzo criminale
più vergognoso della storia della Taranto moderna: la documentazione storica è
giustamente doviziosa, ma anche dolente.
Il miglior narratore di questa vicenda è stato Narciso Bino, caro amico
prematuramente scomparso, che ci ha lasciato un testo, Sui mari d’argento, i cercatori d’oro.
L’uomo nero della storia è stato il
ricchissimo agrario e deputato Pietro
D’Ayala Valva, che usava i suoi suoli come musei privati permanenti, come terreno per safari archeologici pilotati,
che si concludevano inevitabilmente con ritrovamenti estemporanei, come reperti di monete da distribuire agli
ospiti, a seconda della loro importanza. Il suo uomo di fiducia era tal Vito
Panzera, detto Miniminosce o anche ind’a li cosce. Sempre rispondendo bosciur o bogiur, era schernito
per l’ostinazione a parlare un
francese storpiato: non diceva
buon giorno sibbene bosciur .Ex
caffettiere, indossava lo Stiffelius e battezzava il cagnolino Sciulì da
jolì. Alto poco più di un metro, trafficava in continuazione con i contadini
per la ricerca di preziosi reperti. Sul
biglietto da visita non osava scrivere Archeologo, ma accettava
di buon grado il suggerimento
fornitogli dall’Avv. Carbonelli; orgogliosamente girava per i negozi
presentandosi con un biglietto da visita molto impegnativo: Lenone.
traordinario:
In quella
città, il più grosso trafficante di di
antichità era l’industriale Carlo Cacace, suocero di Luigi Viola, fondatore del Museo e legittimo tutore dei
beni archeologici tarantini. Trovandosi in una sitituazione imbarazzante il Viola veniva rimosso, nel pieno di una guerra fra bande
archeologiche, che trasferivano in giro
per il mondo tesori di eccezionale valore. Il 1893 era un anno decisivo per il
profilo marittimo militare che la città andava assumendo. In quella fase il
ministro Racchia decretava l’istituzione a Taranto di un Osservatorio. L’arrivo
della Squadra inglese poneva in stato d’agitazione la Giunta cittadina. De Cesare era contrario al coinvolgimento
economico della pubblica amministrazione.
Quale utilità per i tarantini? Si
sborsava una certa somma per i festeggiamenti, con qualche “ accorgimento” amministrativo. Si gonfiavano
i gonfaloni, si organizzavano le bande municipali.
Ma erano gli
affari a determinare interessanti opzioni con la Union
Jack. L’astuto deputato Pietro era
intento ad acquistare suoli a destra e a manca,
ma pensava anche di organizzare una eccentrica gita nei suoi
possedimenti, fingendo di portare alla
luce preziosi beni archeologici , da lui opportunamente occultati e, a sorpresa, distribuiti generosamente agli ospiti, secondo
una graduatoria di autorevolezza.
Venivano trasbordate grandi ceste di monili e monete. Erano previsti omaggi anche per la Regina, ma italiani e inglesi tendevano a trascurare
tale aspetto: a corte doveva giungere solo un misero papiello contenente un
inno abborracciato dal faccendiere
Panzera. E così beni pubblici si volatilizzavano per oliare qualche
appetitosa transazione. Noi Tarantini facciamo così.
R. N. , I predatori
dell’oro perduto, 10 agosto 2015
Nessun commento:
Posta un commento