Ieri come oggi: il trionfo del filo spinato
di Roberto Nistri
già edito in "Galaesus". Studi e ricerche del Liceo Archita di Taranto, n. XXXIX, pp. 92-99
Nel vortice
Il 27 gennaio 1945, lungo la pianura
innevata, si vedevano avanzare i carri dell'Armata Rossa. I sovietici spalancavano i cancelli di
Auschwitz, simbolo per eccellenza dei campi di sterminio . Iniziava
l'interminabile conta dei sommersi
e dei salvati. Fra i sopravvissuti: ebrei ma anche deportati politici,
testimoni di Geova, portatori di handicap, omosessuali, zingari (sinti e rom). Il 28 gennaio 2015 a
Taranto veniva conferita la medaglia d'onore a Vittorio Caroli per aver
mantenuto fede al proprio giuramento durante la deportazione.
Gli angloamericani aprivano i campi
di Bergen-Belsen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen e Majdanek. Avveniva la
scoperta dei sottouomini, dei materiali per esperimenti. Al seguito delle truppe
erano presenti operatori cinematografici di grande valore come Bernstein e
Hitchcok. La loro preoccupazione era quella di documentare quante più prove
possibili sull'infamia dei campi di morte, ben prevedendo le future
manifestazioni di scetticismo o addirittura di negazionismo circa gli
indicibili orrori che erano finalmente sotto gli occhi di tutti. Bernstein
diceva: "sosterranno che sono solo trucchi di cinema". Notabili ed
ecclesiastici del luogo venivano spinti a chinarsi presso i corpi
martoriati, eppure in seguito
tanti si sarebbero rifiutati di guardare in quello schermo (scene conservate
per anni nel War Museum di Londra)
ma Alfred Hitchcok avrebbe detto: "Il ricordo di quel film non mi
ha mai abbandonato". Per forza! In quel film era in nuce tutta la sua
straordinaria storia cinematografica. Gli bastava ruotare la cinepresa dalla
baracche dei deportati verso i circostanti luoghi ameni di villeggiatura come
Ebensee. Tutt' in torno si vedevano le linde casette di famigliole felici e
indifferenti, che venivano chiamate a sfilare nei lager. L'innocente vita dei
"volenterosi carnefici di Hitler": da una parte il lieto pasto
quotidiano, dall'altra le continue emissioni di fumo nel campo. Fra questi due
poli si distende la mai finita storia del complice in "buona fede".
Testimonianza di Ferdinand Holl , ex
prigioniero politico e kapò del campo di concentramento di Neuengamme: "I
prigionieri venivano spogliati completamente ed entravano nel laboratorio uno
dopo l'altro. Io dovevo tenere ferme le loro braccia, mentre un medico ci strofinava sopra qualche goccia
di iprite, il cosiddetto gas mostarda, che provocava terribili ustioni.
Dovevano aspettare in piedi con le braccia aperte anche dieci ore, forse più,
finchè le ferite da bruciatura non iniziavano a ricoprire tutto il corpo,
progressivamente raggiunto dai fumi del gas. Il primo morto veniva
dissezionato, i suoi organi interni erano stati completamente erosi" (dal
resoconto della stenografa Vivien Spitz durante il processo ai medici dal '46
al '47, che definivano le loro cavie umane "materiali" o conigli. Le
prove erano ineccepibili: i nazisti avevano fedelmente registrato per iscritto,
con foto e filmati, gran parte delle loro atrocità. Nel campo femminile di
Ravensbruck si trapiantavano da una prigioniera all'altra sezioni di ossa,
muscoli e nervi per verificare se i tessuti si rigeneravano. Una sedicenne
polacca venne operata sei volte. I prigionieri venivano infettati
deliberatamente per sperimentare ipotetici vaccini. Gli zingari venivano
sterilizzati in massa. La
scrittrice Jennifer Teege ha ricordato un discorso di suo nonno Amon Goth nel
campo di Plaszow: "Io sono il vostro Dio. A Lubecca ho eliminata 60mila
ebrei, ora è il vostro turno". Ordinò che una ebrea, sorpresa a rubare una patata, fosse
gettata viva nell'acqua bollente e data ai maiali.
L'esperienza del dolore non si può trasmettere, avrebbe detto
Pietro Nenni, la cui figlia aveva trovato la morte ad Auschwitz . Non si poteva
fare nulla? Altrochè: Il re danese
CristianoX indossava la stella di
Davide come segno di supporto e solidarietà con gli ebrei danesi, che soffrivano la persecuzione nazista
durante l'occupazione. Re Boris di Bulgaria si era rifiutato di sottoscrivere
le leggi razziali. Il vicepresidente del suo parlamento faceva salvare 48.000
ebrei bulgari. Leggi che invece erano state sottoscritte a cuor leggero dal
vile re savoiardo: nel 1939 venivano allontanati da tutte le scuole italiane
docenti e studenti ebrei. Non ci fu un preside in tutta Italia, una maestra che
si ribellò. Veniva ordinata l'espulsione degli stranieri ebrei, inclusi quelli
che avevano la cittadinanza. Si registrava il sostegno entusiasta di Agostino
Gemelli, fondatore e rettore magnifico dell'Università cattolica del Sacro
Cuore. Per quelli che non lasciavano l'Italia veniva creato il campo di
concentramento di Ferramonti di Tarsia
(Cosenza). Seguivano disposizioni che portavano sempre nuovi divieti tra
i quali: essere portieri in case abitate da ariani; esercitare il commercio
ambulante; esercitare l'arte fotografica; commerciare libri; vendere oggetti
usati; vendere articoli per bambini; raccogliere lana per materassi; essere
titolari di esercizi pubblici di mescita di alcolici; gestire scuole da ballo e
di taglio; vendere oggetti di cartoleria; raccogliere rifiuti; gestire agenzie
di viaggio; condurre autoveicoli di piazza; pubblicare avvisi mortuari e
pubblicitari; inserire il proprio nome negli elenchi telefonici; essere
affittacamere, detenere apparecchi radio; essere insegnanti privati; accedere
alle biblioteche pubbliche, fare la guida e l'interprete, allevare colombi
viaggiatori... su tali discriminazioni gli italiani si sono costruiti una
memoria di comodo, presentandosi sempre come vittime, mai come persecutori.
La proposta di Furio Colombo di
indicare il Giorno della Memoria il 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento
degli ebrei nel ghetto di Roma voleva far risaltare il carattere di delitto
italiano e non solo tedesco dell'Olocausto. Arrivava un treno merci di 18
vagoni, ammassava 1.022 persone che avevano il torto di essere italiani
sbagliati, di sangue ebreo. Una donna incinta aveva le doglie, chiedeva aiuto.
Lei e il suo piccolo soffocarono nel sangue e nello schifo prima di arrivare ad
Auschwitz. Non è vero che fummo semplici esecutori, magari un po' restii, di un
genocidio pensato e voluto altrove. Pendevano delle taglie sulla "razza
maledetta": 5 mila lire per ogni maschio, 3mila per le femmine, mille per un bambino. L'onore di pochi
giusti non cancella il disonore di una nazione, che per sette anni almeno, ha
fatto propria una follia che ha prima isolato, poi spogliato di ogni bene e
diritto, e infine infierito su una minoranza di 40 mila esseri umani, di cui
più di 7mila morti nei lager, colpevoli di ebreitudine (Gad Lerner, Un mondo
senza noi). Altro che Italiani
brava gente. Ci furono i "giusti", ma dietro la cattura di ogni ebreo
ci furono almeno altrettanti italiani implicati: prefetti, questori,
poliziotti, carabinieri, compilatori di liste, delatori della porta accanto,
ferrovieri, che dichiararono gli ebrei "stranieri": fra il 1943 e il
'45 li stanarono casa per casa, li arrestarono, li depredarono dei beni, li
rinchiusero nei campi, rendendosi colpevoli di genocidio (Simon Levis
Sullam, I carnefici italiani).
Quanto ad Hitler, la sua
guerra contro gli ebrei, era persa in partenza: da quando aveva fatto
annientare i centri studi di Fisica della Germania, diretti da eccellenti
studiosi ebrei, che immediatamente erano emigrati negli Stati Uniti (lo stesso doveva accadere nell'Italia di Enrico Fermi,
Dulbecco, Rita Levi Montalcini) . Su 20 premi Nobel dati ai tedeschi, undici li
avevano presi gli ebrei e tra quelli illustri c'era anche Einstain. Quando il
ministro Rust chiese a Hilbert se fosse vero che l'istituto di matematica aveva
sofferto dell'espulsione degli ebrei, la risposta fu lapidaria:" Non ha
sofferto, non esiste più". Sembrava che l'ottuso tiranno avesse un conto
in sospeso nei confronti degli uomini di scienza. Si ricorda che a 14 anni, in
un istituto a Linz in Austria, avesse come compagno di
scuola un ragazzo che doveva farlo innervosire non poco: il grande genio
ebreo Wittgenstein, il logico e matematico che avrebbe in seguito decriptato i
codici segreti del Reich, comunicandoli anche all'Unione Sovietica.
Anche le frustrazioni della
malariuscita artistica del giovane Adolf dovevano spingerlo ad odiare la grande
arte delle avanguardie pittoriche,
che lui condannava come "degenerate". Per le bizze del
despota, il Reich avrebbe anche
perso la straordinaria cinematografia
(UFA) che si sarebbe trasferita in massa ad Hollywood, in quella
fabbrica dei sogni che il genio ebraico aveva creato.
Contro il regno degli assassini,
armi imbattibili si stavano forgiando nello spirito della libertà, anche
semplici matite capaci di demolire il Moloch. Venivano impugnate nel 1938,
quando in Germania si scatenava la notte dei cristalli, mentre in Italia venivano
varate le leggi razziali. In quell'anno usciva negli Usa un fumetto disegnato
da due giovani emigranti ebrei, Shuster e Siegel: dall'antica mitologia
ebraica, nella figura del Golem protettore e giustiziere, nasceva Superman. Si ritornava alla
storia di un esodo senza fine. L' avventura : un popolo è consapevole che
finirà distrutto con tutto il suo pianeta (Kripton). Lo scienziato Jor-El salva
il figliolo Kar El sparandolo in un vascelletto nello spazio, verso la Terra, dove verrà accolto da due anziani
terrestri. Dotato di grandi poteri vivrà sempre come un diverso, amato ma anche
temuto, straniero impossibilitato ad integrarsi. Ritornava la storia del
piccolo Mosè, salvato dalle acque, un tipo tosto, dotato di grandi poteri. Era
il primo di una squadra speciale speciale di Supereroi, caricati per combattere
il regno del male: a tempo a tempo nasceva nel '43 Capitan America, e poi Iron
man e via disegnando. Ebbene, nella lunga marcia verso Berlino, ogni soldato
americano aveva nel suo zaino una razione di cibo, un pacchetto di sigarette e
un fumetto dei Super eroi: i due piccoli disegnatori ebrei erano tornati a casa
da vincitori.
La memoria sofferente del
Padre, sopravvissuto allo sterminio di Hitler, doveva essere onorata nel dopoguerra, con lo splendido fumetto Maus di Art Spiegelman. Un corpo a
corpo fra padre e figlio, difficile e quasi impossibile, perché l'esperienza
non si può trasmettere. Spiegelman è
l'autore che più di ogni altro ha contribuito ad elevare lo status del
fumetto da semplice mezzo di intrattenimento a fenomeno culturale, in grado di toccare le realtà più
complesse e dolorose. Steven Spielberg ha raccolto e conservato un immenso
patrimonio memoriale nella Shoa Foundation. Una impresa iniziata da
ragazzetto, imparando a leggere i
numeri dai sopravvissuti dell'Olocausto che gli facevano vedere i loro
tatuaggi. Una identità inondata di mortalità, di atti di odio indicibili, ma
anche pervasa di indomabile resistenza. Il nipote del generale Kammler,
architetto delle camere a gas, è il
sociologo Tilmann, che da sempre studia i fenomeni di violenza tra gli
adolescenti, perché alcuni uomini accettano di farsi sottomettere e si
conformano, perché torturano e umiliano il prossimo. I dossier Usa sul nonno
risultano ancora secretati per occultare il ruolo del nazista reclutato nella fase della guerra fredda.
Nella Giornata della memoria, alle elezioni in Grecia, si è
affermato come terzo partito
quello dei neonazisti di Alba Dorata. In Italia hanno preso a circolare gruppi
musicali come "99 Fosse" (con la F).
Ma i tedeschi quanto vogliono
ricordare il loro crimine contro l'umanità? 81 su cento desiderano lasciarsi la
Memoria alle spalle. Lo rivela un sondaggio della fondazione Bertelsmann. 58 su
cento sperano che di Shoa non si parli più. I dati coincidono con un presente
in cui i nuovi nazionalisti xenofobi di Pegida riempiono le piazze all'est. Del
resto già dal 1949 l'Fdp aveva chiesto uno stop alla denazificazione ("la
Repubblica" 27 gennaio 2015).
Urge riflettere sul rapporto che ci deve essere tra la Memoria e la Storia: se
la prima tende a sbiadire la seconda deve invece fondarsi su una rigorosa
analisi dei fatti, per poter comprendere i legami di causa ed effetto. Se
l'emozione dovesse prevalere, quella Memoria sarà destinata a dissolversi. Solo
la Ragione è l'alternativa ad Auschwitz. Solo conoscendo e riconoscendo con
chiarezza, potremo superare "La Repubblica del dolore", come ha
scritto lo storico Giovanni De
Luna, nel suo testo edito da
Feltrinelli.
Gli inizi: Duemila anni di giudeofobia
Le razze non esistono, ma il
razzismo c'è e fa male. E' ricorrente come imposizione di un gruppo su un altro
gruppo, ritenuto inferiore e/o
dannoso. Si può auspicare il suo
annientamento (genocidio) o la distruzione della sua cultura (etnocidio).
L'anticamera del razzismo è l'ostilità attiva verso lo straniero (
xenofobia). La più spontanea
manifestazione è sempre la stessa:
"via gli stranieri". Gli spacciatori di paura sono sempre al lavoro.
Invece l'incontro-scontro fra culture delinea un campo di compatibilità e
conflittualità non facile da padroneggiare, soprattutto nel quadro di vistosi e
inarrestabili processi migratori, affrontati non tanto con strumenti
scientifici quanto con vecchie mitologie e superstizioni. Anche la democrazia,
che pure ha un raggio d'influenza mai registrato nel passato, sembra mostrare
la sua fragilità, è in difficoltà, non riuscendo a riconvertire il consumismo
in umanesimo, vivendo in bilico tra universalismo e localismo. Una democrazia
che tenga fede al suo nome implica tolleranza e apertura verso gli altri, ma se
non è in grado di offrire reali chance di vita e opportunità all'altro, la
democrazia si suicida. E' oggi
difficile, anche per buona creanza, una dichiarazione esplicita di razzismo, ma
è diffuso un certo razzismo pop di sottopancia.
L'antisemitismo non lo ha certo
inventato Hitler. Durante tutto l'Ottocento era in diverse forme circolante
nelle culture politiche di destra
ma anche di sinistra. Partendo dalla cultura della cristianità, sia cattolica sia protestante, era
incistata l'idea di una
colpa collettiva, che il nazifascista , l'uomo delle pulizie, si sentiva in
obbligo di annientare nella figura dell'impuro, del non ariano. L'antica
ostilità dei cristiani nei confronti degli ebrei ovviamente non derivava da una
concezione razziale. Si trattava di una prevedibile concorrenza fra una antica
religione e una nuova (considerata una eresia dell'ebraismo). Gli ebrei ai
tempi di Giulio Cesare erano ben insediati a Roma con una "carta dei
diritti". Non facevano
proselitismo in quanto l'ebreo era semplicemente un nato da madre ebrea. Il
proselitismo cristiano che spaccava le famiglie e sembrava irriguardoso nei
confronti dell'Imperium pareva
invece una grande anomalia da cancellare. Le cose dovevano cambiare con
la coniugazione fra religione cristiana e potere imperiale. A quel punto si
rafforzava una giudeofobia legittimata dalla accusa antica e bislacca di
deicidio. La persecuzione doveva
rafforzarsi nel corso dei secoli ma, a differenza di quella
nazista, mirava alla conversione e
non alla soppressione. Certamente la chiesa cattolica ci mise di suo nel
seminare zizzania.
Ancora oggi qualcuno continua ad
esaltare la "tolleranza" di Costantino, il vero padre
dell'antisemitismo. L'undici dicembre 321 veniva emanato il Codex Judaeis, la
prima legge penale antiebraica. L'editto di Milano riconosceva il cristianesimo
come religio licita e
"collante" politico più efficace dei vecchi culti. L'editto
definiva la superstitio ebraica "secta nefaria",
" feralis, " e formalizzava l'accusa di deicidio: quel
Costantino che per tutta la vita
aveva conservato il titolo pagano di
pontifex maximus. Successivi imperatori dovevano ridurre ulteriormente i
diritti degli ebrei, privati delle sinagoghe e sepolti in luoghi lontani. Nel
fondamentale Concilio di Nicea del 325 si perveniva alla unificazione nelle
stesse mani del potere temporale e di quello religioso. Con Teodosio il cerchio
si chiudeva con la proclamazione del cristianesimo come religione di stato,
perseguitando ogni altro culto, l'ebraismo compreso.
S. Giovanni Crisostomo nel IV secolo
si sarebbe preoccupato di mettere in giro la voce degli ebrei che sacrificavano
i bambini. Già il quarto Concilio Laterano aveva ordinato agli ebrei di portare
dei vestiti che li distinguessero: un cappello giallo per gli uomini, un velo
per le donne. Più praticamente Hitler avrebbe adottato la stella di Davide per
tutti. Nel 1215 papa Innocenzo III escludeva gli ebrei da qualunque
associazione professionale: potevano esercitare solo pratiche proibite per
cristiani e musulmani: cambiovalute e soldi in prestito, attività alle quali
facevano ricorso poveri contadini a rischio di esproprio, ma anche potenti e
sovrani. Naturalmente chiunque dovesse restituire soldi all'ebreo, non provava per lui molta simpatia. Nel
1555 si arrivava alla bolla infame di Paolo IV che istituiva il
"serraglio" per gli ebrei condannati a vivere di sole "arti
strazziarie vel cenciariae" .
Si aggiunga che l'ebreo era
sempre considerato un diverso, uno "strano", ma anche dotato di un oscuro potere.
Gli spiriti semplici temono ls scienza, ciò che non conoscono . In epoche in cui anche i potenti erano
analfabeti, l'ebreo era l'uomo del libro, con la testa sempre fra strani rotoli
di carattere magico. Lo stesso Hitler odiava massimamente l'ebreo, al punto da
annientarne completamente la stirpe fino all'ultimo neonato, ma ne aveva paura
ed era affascinato da quei poteri oscuri di cui cercava in tutte le maniere di
appropriarsi. L'aggressività mascherava sempre un umiliante complesso di
inferiorità. Gli uomini piccoli odiano ciò di cui hanno paura.
L'ebreo, spesso dal popolino
confuso con l'eretico e lo stregone, era il perfetto capro espiatorio,
addirittura un portatore di peste, che si poteva impunemete allontanare o
sopprimere. Solo nel concilio Vaticano II, Nostra aetate, scompariva la preghiera pro perfidis judeis, volta alla
conversione dei maledetti deicidi.
La misteriosa onnipotenza ebraica veniva sempre più enfatizzata dalle
varie agenzie poliziesche, che
fabbricavano a ripetizione documenti farlocchi come i "Protocolli dei Savi
di Sion". Ci si convinceva che dietro tutti i grandi sommovimenti, dalla
rivoluzione americana a quella francese a quella russa, gli ebrei avessero
manovrato nell'ombra. In realtà proprio la vita nel ghetto aveva conferito
all'ebraismo un forte senso di identità ma anche la capacità di muoversi su
scala globale.
Un caso
limite rimane quello
dell'antisemitismo in assenza di ebrei.
Valga l'esempio della città di
Taranto: dopo la promulgazione delle leggi razziali, gli ebrei presenti in
città si contavano sulle dita di una mano. Eppure i professionisti del razzismo
fecero carriera nelle scuole, nei giornali, nel pubblico impiego, addirittura
riscrivendo una storia adulterata della presenza ebraica sul territorio,
manifestando entusiasmo per la distruzione della ultima traccia di una antica
presenza semita: il vicoletto Giuda, doveva scomparire grazie al colpo di
piccone mussoliniano.
Appendice:
Aprile 2015.
Tra
superficialità, errori e ingiustizie che seguirono la fine della guerra, andrebbe riconsiderata la riabilitazione del giurista Gaetano
Azzariti , che aveva contribuito alla redazione delle leggi razziali presiedendo il "tribunale" incaricato di
applicarle. Il ministro Palmiro Togliatti lo riabilitava così pienamente che
nel 1957 Azzariti diventava addirittura presidente della Corte costituzionale.
Poteva capitare che la giustizia veniva sacrificata alla
"pacificazione". Una delle tante scorciatoie pericolose. Il suo busto
di razzista e antisemita suscita le rimostranze del rabbino Giuseppe Laras e
dello storico Riccardo
Calimani, che assieme ad altri cittadini indignati, ne hanno richiesto la rimozione. Per il momento non è stata neanche concessa alla stampa la
visione del verbale della cancelleria della Corte. Sull'argomente esiste ormai
una corposa pubblicistica.
Appendice 2: Maggio 2015.
La distruzione della cultura, operata dagli
ultrafondamentalisti islamici, richiama spontaneamente il rogo nazista di oltre
25mila libri, il 10 maggio del
1933. Un mese dopo veniva bruciato il parlamento tedesco e iniziava la grande
caccia alle streghe: un rituale con tutti i parafernali del nazismo: bande
musicali, fiaccolate, rituali purificatori. Il ministro Goebbels annunciava:
"Uomini e donne di Germania, l'era dell'intellettualismo ebraico sta
giungendo alla fine. Da queste ceneri rinascerà la fenice di una nuova
era". Nel rogo scomparivano anche i colori sognanti di Klimt, Chagall,
Klee. In fondo i nazisti avevano creato la lista fondamentale della cultura,
che veniva conservata nel cuore di quanti , a prezzo anche della vita, avrebbero operato per una
autentica rinascenza democratica.
Questi paradigmi vanno riconsiderati, comparando gli
immigrati agli ebrei ebrei in fuga dalle persecuzioni naziste. Levi ci
ammonisce è affidata solo ai sopravvissuti, i salvati. La voce dei
"sommersi", delle migliaia di morti annegati. Dal gorgo non è tornato
mai nessuno per raccontare la propria morte.
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