Odoardo Voccoli, un tarantino, ribelle per la libertà (1877-1963)
di Roberto Nistri
© Roberto Nistri 2017. Tutti i diritti sono riservati.
L'antropologo Ernesto De Martino diceva che gli uomini
hanno fame di simboli e di storie.
Per inciso, proprio in questo periodo, il bravo
giornalista Alessandro Leogrande, ex studente del Liceo Archita, sta curando un
programma radiofonico sulla terza rete, illustrando le vite di alcuni uomini
speciali: quelli che per primi si sono fatti avanti, spendendosi per una
generosa utopia.
Ci sono storie di vite speciali: personaggi che, pagando
in prima persona , hanno combattuto la sopraffazione e la tirannide, cercando
di migliorare l'umana condizione, resistendo, senza mai arretrare di fronte al
pericolo, senza mai dimettersi dal mestiere di uomo.
Oggi
raccontiamo la bella storia di Odoardo Voccoli, fiero oppositore di fronte alla
prima e alla seconda Guerra mondiale. E questo in una città come Taranto, che
prosperava in tempo di guerra e si immiseriva in tempo di pace. Nello scenario
della grande storia, Odoardo era uno di quelli che non mollavano mai, militando
dalla parte giusta, mentre la dittatura nazifascista incendiava il mondo.
Ricordiamo questo personaggio che ha vissuto controcorrente, pagando in prima
persona, assieme ai suoi familiari con la meravigliosa caparbietà dei
sognatori.
Nato a Castellaneta
nel 1877, Odoardo era figlio di un impiegato delle Ferrovie, di cultura
liberale e mangiapreti , come si diceva nell'epoca risorgimentale. Non mancava un
antenato prete , ma iscritto alla Carboneria. Odoardo aveva vissuto una
giovinezza felice, correndo a cavallo nel paesaggio omerico di Castellaneta,
esplorando terre boscose e grotte profonde, in compagnia di un giovinotto dal
nome molto impegnativo, anche lui studente a Taranto: si chiamava Rodolfo
Alfonso Raffaele Pierre Filibert Guglielmi che , emigrando a New York, avrebbe
continuato a galoppare nella leggenda, con il nome immortale di Rodolfo
Valentino.
Invece la
famiglia di Odoardo si trasferiva al Borgo in via Anfiteatro.
Il padre
prendeva a lavorare come contabile in una Farmacia, permettendo così al
figliolo di progredire negli Studi Classici presso il Liceo-Ginnasio Archita,
con buon profitto fino al conseguimento del diploma.
Per il
ragazzo Odoardo, decisamente formativi furono quegli anni, nell'istituto dove
si sarebbero addestrate intelligenze vigorose, come lo storico Vito Forleo e l'astrofisico
Luigi Ferrajolo. L'idolo di Odoardo rimaneva sempre il liber'uomo Ugo Foscolo:
Questo ch'io serbo in sen sacro pugnale, io alzo e grido a l'universo
intero...Un Ortis letto essenzialmente in chiave libertaria e anticonformista. Ma,
a cambiare per sempre la vita del giovane Voccoli, doveva essere un insegnante
di filosofia e cultore di antropologia: Emilio Lovarini: un agguerrito
socialista, romagnolo di Cesena, che faceva circolare i testi fondamentali del
Socialismo, intrattenendosi spesso con gli allievi, sul "Materialismo
storico".
Stava per
aprirsi il secolo nuovo, il Novecento. Odoardo iniziava a lavorare come
scritturale presso il Tribunale di Taranto e a 19 anni si iscriveva alla
Sezione locale del Partito Socialista.
Nel 1898 in
tutta Italia, e anche a Taranto, scoppiavano i moti per il caroviveri, repressi
odiosamente da Re Umberto, con cannoneggiamento contro gli affamati.
Nel 1902, Voccoli
assisteva al primo grande sciopero dell'Arsenale di Taranto: uno scontro
durissimo fra operai e militari con la baionetta in canna. Il territorio veniva
completamente militarizzato, con il sopraggiungere, addirittura, di due Corazzate:
"Varese" e "Garibaldi".
Nel 1910, un altro episodio traumatico: i
molluschicultori, danneggiati per l'inquinamento delle acque, organizzavano una
piccola protesta . Presso la Caserma Rossarol, attuale sede della Università, una
improvvisa salva di fucileria, doveva concludersi con un eccidio: tre morti e
numerosi feriti. Odoardo ormai, anche fuori di Taranto, era già un dirigente riconosciuto
della Camera del lavoro e organizzatore dei portuali. Una figura ormai di primo
piano nel movimento, che tuttavia non reputava disdicevole una capatina al
Cafè-chantant.
In un
rapporto prefettizio del 1905 si legge: "Non v'ha sciopero o movimento
operaio nel quale non sia uno dei promotori". Uno spirito allegro, ma
anche un fiero combattente contro la Camorra, nel "fronte del porto"
di Taranto, ma anche di Brindisi. Per la conquista di un onesto lavoro,
si doveva anche battagliare a colpi di pistola e di
uncini. Organizzando i portuali anche a Savona, Genova e Brindisi, Voccoli aveva
conquistato ormai un certo prestigio, ma anche un tenore di vita che gli permetteva
di vivere decorosamente in una palazzina di sua proprietà, con la fedele compagna
Maria Assunta D'Auria, con i figli Libero Ribelle, Clara Vera Fede, Libertà, Idea
Proletaria Vindice e infine, Wservodol Lebedintseff, detto Todol.
Ma, con la fine della guerra e la mancanza di commesse
statali, l'ondata di disoccupazione era travolgente. Odoardo doveva affrontare i
terribili moti per il caroviveri: la grande prova del fuoco. La la
cittadinanza, in assenza di forniture militari, era ridotta alla fame: saccheggi
nei mercati, otto cittadini uccisi dalle forze dell'ordine! Un lavoratore morto
ammazzato veniva traslato in corteo lungo il ponte girevole. Erano le fiamme
del " Biennio Rosso": pronto purtroppo a colorarsi di Nero: il
cosiddetto diciannovismo! A Taranto si registrava la latitanza di ogni civica
istituzione.
Con la Camera del Lavoro, Voccoli e i socialisti,
senz'altro non colpevoli dello sfascio istituzionale, dovevano farsi carico di una
situazione degenerata. I commercianti , in testa i "Grandi Magazzini
D'Ammacco", portavano nelle mani di Odoardo le chiavi dei loro magazzini, sperando
di salvare la "roba". Divampato lo sciopero generale, i cittadini ormai
facevano affidamento solo nella Camera del lavoro. Ma in tutta la città, come
nel resto del paese, doveva venire anche allo scoperto la grande paura dei
padroni e padroncini, che ne volevano vendetta, del Governo e dei politicanti
dell'epoca. I facinorosi non mancavano, lo Stato non sembrava in grado di
proteggere la proprietà e garantire la sicurezza. I signorotti si decidevano ad
allargare i cordoni della borsa, prezzolando squadracce e mazzieri.
Il Regio governo, perpetuamente allo sbando, non era minimamente
in grado di prospettare ampie misure riformatrici. Era l'ora siderale dei
peggiori farabutti : gli imprenditori della paura.
La regola aurea: seminare il terrore , per candidarsi poi
come salvatori della Patria.
Accendere
l'incendio e poi travestirsi da pompieri!
Pronto a tutto e capace di niente, Il Re Vittorio, detto
Sciaboletta, apriva le porte agli squadristi di Mussolini, scendendo uno ad uno
tutti i gradini della indegnità, sino a firmare le vergognose leggi razziali.
Dopo la Marcia su Roma, i fascistissimi fratelli Giusti
assalivano La Camera del Lavoro e colpivano con bombe a mano la palazzina di
casa Voccoli, in via Cugini... Un primo operaio assassinato doveva essere Raffaele
Favia, dei Cantieri Tosi. Il fascista Casavecchia lanciava una bomba verso un
gruppo di comunisti e intanto veniva arrestato il Comunista Millardi.
Già nella semiclandestinità Odoardo era delegato a
Livorno, nel 1921, partecipando alla fondazione del Partito Comunista d'Italia.
Nel 1926 partecipava al Congresso Internazionale a Lione e il 20 giugno veniva
arrestato, e così la sua compagna. "Quanto più l'avversario mostra di
voler usare la mano pesante, l'ingiustizia fa più grande un'anima libera e
fiera".
Per Voccoli
il socialismo non è stata la ballata di una sola estate, la bandiera degli anni
verdi.
La
ribellione era ormai un imperativo categorico che legava indissolubilmente la
battaglia per il lavoro alla rivendicazione dei diritti civili, secondo la lezione
liberal-democratica ricevuta dal genitore. Era anche necessario difendere la
città proletaria, mantenendo quel piccolo embrione di organizzazione di classe
con le cui sorti Odoardo aveva identificato la sua scelta di vita: " la
città "più Rossa" del Mezzogiorno...
Scattavano
le leggi speciali e Odoardo veniva condannato a 12 anni e mezzo di carcere
duro, tre anni al figlio Todol per la minore età. Il carcerato confortava la
compagna Assunta : "Mia adorata e sventurata Assunta, dodici anni sono un
po' troppi, vero? Di una cosa puoi essere sicura, della serenità con la quale ho
ascoltato la sentenza. Il primo e migliore giudice è la mia coscienza. I deboli
si accasciano. Chi viene colpito per la sua fede non deve impallidire dinanzi
alle conseguenze che gli derivano dall'aver troppo amata la sua idea...Spero di
essere additato come uomo di carattere, che non piegò mai dinanzi a qualunque avversità...
Anno dopo anno, giorno dopo giorno, ai carcerati veniva
sempre offerta quella domanda di Grazia, quel "Pentimento", che
poteva rimettere in sesto tante famiglie sofferenti, considerando che non vi era
lavoro per i familiari che non avevano la tessera del Partito.
Ovviamente
Voccoli, come altri compagni, rifiutava sdegnosamente qualunque Grazia,
guardando con disprezzo il "pentito" che poteva ritornare in
famiglia.
Intanto scriveva e organizzava una piccola scuola nel
carcere. Quelli come noi, diceva: non mollano mai.Nel '29 veniva arrestato il
figlio Libero Ribelle. Non mollare! Fino all'ultimo giorno, in carcere scriveva
i suoi quadernetti, che riusciva a far circolare all'esterno fra i compagni.
Con qualche accorgimento si potevano trasmettere alcune
informazioni: Trascriveva per esempio
Il Principe di
Machiavelli, usando in sostituzione la parola "Partito"
La famiglia era ridotta alla fame, ma non veniva meno la
solidarietà dei compagni ancora in libertà, come il nobile Carducci, che non faceva
mancare il suo sostegno.
Per le
famiglie dei carcerati, già si attivava il "Soccorso Rosso", con
collette fra i compagni.
Nel 1932, in
occasione del Decennale, veniva concessa una amnistia: si celebrava in carcere
il matrimonio civile, testimone il nobile Carducci Artenisio Ernesto: buon
sostenitore della Causa.
Nel 1934, a seguito della delazione di uno spione
dell'OVRA, si tornava in carcere: 4 anni di reclusione per Voccoli e e per i
Fratelli Mellone morti in galera.
Una militante di grande rilievo, dirigente del
"Soccorso rosso" , si prodigava per alleviare economicamente
l'indigenza della perseguitata famiglia Voccoli. Anch' essa attivista nel primo
nucleo storico socialcomunista, era stata condannata pure lei a lunghi anni di
carcere, ma rimaneva fiera combattente partigiana fino alla caduta del
fascismo. Il suo nome era una bandiera: Antizarina Cavallo. Si trattava di una
militante del primo nucleo torinese. Voccoli avrebbe conservato in Archivio il
suo ultimo saluto: "Ciao a tutti, compagni miei, continuate a lottare anche
per me".
Una sola ferita non si rimarginò mai nel cuore di Odoardo:
la perdita del figlio più sfortunato, quel Wservodol , detto todol, il figlio
tubercolotico morto di stenti nella solitudine del carcere. Commuovente il suo
ultimo saluto al padre: " Muoio sicuro di non aver menomato il nome che
con fierezza ed orgoglio ho portato. Tuo Todol". I compagni in libertà
riuscivano ad organizzare un funerale clandestino, notturno, fischiettando
l'internazionale con uno striscione sul feretro:
"I
compagni di Taranto". Nell'amnistia del Decennale, Odoardo veniva
scarcerato, ma il Tribunale Speciale lo condannava per altri quattro anni di
reclusione per cospirazione.
Nel '34, a seguito a seguito della delazione di una spia
dell'OVRA, sempre di più erano i compagni carcerati. In effetti si stava stava
riorganizzando il fronte Antifascista. Nel marzo del '34, Odoardo era di nuovo
carcerato. Anno dopo anno, un giorno dopo l'altro veniva offerta al prigioniero
Voccoli la domanda di grazia, che gli avrebbe spalancato subitamente le porte
della libertà.
Ma lui non
sarebbe mai uscito a capo chino. Il figlio Libero Ribelle, posto in cella d'isolamento
veniva condannato al confino, serbando"cattiva condotta politica".
Dopo la caduta del fascismo, Odoardo sarà il primo
sindaco repubblicano del dopoguerra, unanimamente stimato dai suoi concittadini.
Quelli come noi non mollano mai, diceva...
La riconquista del nostro passato collettivo dovrebbe
essere tra i primi progetti per il nostro futuro.
(Umberto Eco) Per Approfondire: Roberto Nistri e
Francesco Voccoli, Sovversivi di Taranto,
Sedi Edizioni, Taranto 1987.
Roberto Nistri. 16 febbraio 2017. Relazione ANPI. Liceo
Archita Taranto.
Nessun commento:
Posta un commento