"Eja, Eja, baccalà!" (Jacovitti)
di Roberto Nistri
© Roberto Nistri. Tutti i diritti sono riservati. Opera già edita a stampa in "Scintille", dicembre 1998
Una vivace assemblea, la serata del 25 giugno 1998: su iniziativa del Centro ricerche e studi "Piero Calamandrei" si è discusso attorno a "Il ventennio fascista a Taranto", l'ultimo parto parastoriografico di Giovanni Acquaviva, il già direttore del "Corriere del Giorno" e cronista della "Voce del Popolo" negli anni Trenta, da oltre sessant' anni l'unico vero "intellettuale organico" nella città bimare. In quell' occasione abbiamo contestato un po' duramente l'immagine abbastanza edulcorata del "ventennio" che Acquaviva ha proposto, rimuovendo completamente tutti i perseguitati, i licenziati, i torturati, i carcerati, i confinati. Dimenticando completamente tutti i lavoratori ammazzati dai fascisti o morti in carcere: Raffaele Favia, Giuseppe Migliaresi, Francesco Mellone, Totò Voccoli, Antonio De Valeris, Alessandro Volta, Umberto Candelli ... Del resto, nell' altro recente libro di Acquaviva, "Il 900 a Taranto", si può leggere: "l'antifascismo qui non emergeva, a livello di massa; in verità non c'era mai stato". Lo stesso oblio per i tarantini che hanno combattuto al nord come l'ufficiale di artiglieria Pietro Pandiani, quel "Capitano Pietro" che comandò la Brigata "Giustizia e Libertà". Mentre, scrive sempre Acquaviva in un altro suo libro, "Un altro provinciale", era viva "l'impressione tutta negativa, specialmente nel Mezzogiorno d'Italia, delle nefandezze, dei delitti compiuti al Nord durante la cosiddetta Resistenza" (sic).
Ma allora, cosa ci racconta Acquaviva degli anni del fascismo? Spende tre pagine per illustrare il 31° Congresso della "Dante Alighieri", l'ospizio di tutti i grafomani locali, dove il trombone Criscuolo discettava su "Gli uomini belli: da Antinoo a Valentino", e non dice una parola sul fatto che, nello stesso periodo, fra il giugno e l'ottobre del '26, venivano arrestati oltre trenta lavoratori, che non avevano torto un capello a chicchessia: tutti condannati dal Tribunale speciale, Odoardo Voccoli a 12 anni e sei mesi! Si parla di una terribile battaglia che dovette affrontare l'arcivescovo Mazzella, che nel '34 "si trovò a fronteggiare ... la massiccia predicazione di un pastore valdese". Ma non si racconta l'esito dell'epico scontro: il poveraccio, il pulsanese Michele Mandrillo, venne arrestato per aver letto pubblicamente la "Lettera ai Romani". Viene menzionata una visita di D'Annunzio alla libreria Filippi, ma si dimentica l'arresto di Ulderico Filippi per aver conservato in magazzino libri "proibiti". Di passaggio Acquaviva attribuisce al Fascismo "il riscatto del mondo femminile" e fornisce un gustoso esempio con la confezione dei "pacchi coloniali": le donne "si impegnano con entusiasmo in questo compito, che è loro particolarmente congeniale". Poteva anche citare una richiesta del federale Magnini al prefetto (da noi pubblicata) di licenziare le donne impiegate negli uffici per dare i posti a disoccupati maschi.
Così vede la storia Acquaviva . Quando gli viene fatto notare che nelle sue opere di "storia" non viene offerta alcuna fonte documentaria, risponde candidamente che non ne vede il motivo. E mentre polemizzavo con lui, mi sono ricordato di botto che in tal maniera stavo celebrando il trentennale della mia prima contestazione a Giannino Acquaviva. Si era alla fine della primavera del '68: c'era stato il Maggio francese, la ribellione giovanile stava surriscaldando il mondo intero, la critica ormai travalicava la questione specificamente universitaria e investiva complessivamente il Sistema, diventava "contestazione globale". Anche a Taranto la discussione e la provocazione si diffondevano ovunque, utilizzando le sedi più eccentriche, come il Sindacato dei pensionati in piazza Garibaldi o la parrocchia di S. Pasquale. Si interveniva con argomenti e con un linguaggio del tutto inusuali in certi ambienti, molti si offendevano e molti battevano le mani, e comunque le carte si rimescolavano e non pochi si mettevano in discussione e ogni giorno nuovi personaggi partecipavano alla festa. L'happening in piazza non finiva mai, e ci fu anche un' assemblea registrata dalla Rai-Tv: Cresci ci fece un'intervista per il servizio "I giovani a Taranto.
Decidemmo di andare a contestare un'assemblea convocata presso il salone della Provincia, presieduta dall' arcivescovo Motolese, per discutere una Lettera pastorale sul problema dei giovani. Prendemmo l'iniziativa per spassarcela un poco, ma c'erano anche motivi seri. Chi aveva frequentato il movimento sin dall'inizio poteva avvertire alcune cose che in seguito, nel 1971, vennero scientificamente elaborate in un' inchiesta apparsa su "Rassegna italiana di sociologia": il 44% dei gruppi extra istituzionali attingevano i propri seguaci esclusivamente dal mondo cattolico, il 20% da quello marxista e il 15% da entrambi. Il confronto poteva quindi essere interessante. Ma, come mettemmo il naso in quell'inquietante adunanza, ci passò tutta la fantasia. Qualcuno aveva dato segni di sgomento all' ingresso della nostra gagliarda combriccola, ma a noi era mancato veramente il fiato: atmosfera soffocante, facce grigie, parole così pesanti che, appena pronunciate, rotolavano sotto le sedie. Moderatore: Giannino Acquaviva. Ci venne immediatamente voglia di tornar a riveder le stelle.
Dal fondo del salone chiesi ad alta voce di poter intervenire e, preso il microfono, contestai quell' anacronistico discorso sui giovani, totalmente cieco e sordo di fronte all'agitazione che era in corso, la più grande rivoluzione giovanile della storia.
Dopo questa tirata, prende il microfono Acquaviva e cosa dice? "Vorrei tanto sapere quali voti ha sul suo libretto quello studente". Ci congedammo rumorosamente da lui e da tutto quell'egregio sinedrio. Ma, in verità, c'ero rimasto di stucco. Con quello che accadeva dall'Europa agli Stati Uniti, dal Vietnam al Giappone, di che cosa s'interessava Acquaviva? Dei voti miei. Il culto dell'inessenziale: una caratteristica tutta tarantina. Indichi la luna e ti guardano il dito.
Ultimo esempio, dal libro di Acquaviva sul Fascismo. Vengono promulgate le leggi razziali, ma non è grosso il problema "relativo agli ebrei: a Taranto, si viene a sapere, ce n'è una quindicina, ma si tratta di persone perfettamente integrate che non danno perciò alcuna preoccupazione". In verità gli ebrei non davano preoccupazioni a nessuno da nessuna parte ed erano ovunque perfettamente integrati (anche nel partito fascista). Sembra invece che siano stati i fascisti a dare qualche preoccupazione agli ebrei, tanto da provocare una loro disintegrazione. E questo è l'essenziale. Per la storia. Non per Giannino Acquaviva che avviò la sua lunga carriera di giornalista aprendosi un varco proprio come specialista in antisemitismo. Quelli erano tempi...
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