Plinio il Vecchio |
Il silenzio delle pietre e il sapiente bambino
Prefazione di Roberto Nistri a I sogni del sottosuolo, Taranto 1999.
Traduzione di Flora Stefàno del libro XXX della Naturalis
historia di Plinio il vecchio.
Nel gennaio del 1981 Marguerite Yourcenar pronunciava all'Académie
française il tradizionale discorso di
elogio di colui del quale aveva preso il posto: Roger Caillois, morto nel 1978
a 65 anni. Era un uomo, concludeva la Yourcenar, che "cercava di dirigersi
nel senso delle cose": il rigido assertore dei valori razionali e
umanistici che si era velluto a trovare, lungo il suo percorso intellettuale,
sempre più dalla parte della natura. Un "antropomorfismo alla rovescia
", quello di Caillois, perchè il "senso delle cose" è andato a
cercarlo oltre l'uomo, prima
nell'animale e poi nella pietra.
Si può dire che alle pietre Caillois abbia dedicato i suoi
ultimi libri: Pierre réfléchies, Récurrences dérobées, Fleuve Alphée.
L'avventura della "tribù umana" sulla terra viene ridimensionata a
vantaggio del silenzio delle pietre, "non suscettibili d'emozioni",
che forse dicono sull'uomo più di quanto l'uomo riesca a proiettare di sé su di
loro. Così Caillois accentua alla fine l'interesse per il "sacro ", per il fondo misterioso della realtà,
per le "analogie" di sapore quasi alchemico che egli percepisce in
quell' "alleanza di splendore e abbandono" propria della natura e che
non è costata "né veglie né sudori". Questa prospettiva di umanesimo
maturo comincia ad acquistare larga cittadinanza solo nelle più recenti
espressioni dell'eco-cultura: si tratta di un ripensamento complessivo di noi
stessi e del nostro ruolo nel mondo, abbandonando una ingenua (e
fondamentalmente aggressiva) tradizione antropocentrica.
Ci sembrano non impropri questi
riferimenti alla "filosofia minerale" di Caillois, suscitati dalla
lettura delle pagine della Naturalis historia dedicate alle pietre preziose e con tanta passione tradotte dall'amica
Flora Stefàno. Lungi da noi l'idea di improponibili attualizzazioni di Plinio nell'area
dell'ecologia contemporanea o di anacronistici confronti con studiosi molto più
di Plinio raffinati e dotati di spirito critico. Quel naturalista del primo
secolo non valeva molto come pensatore e raccoglieva spesso acriticamente e con
scarso controllo della validità scientifica le notizie trasmesse dagli autori
precedenti. In base alla tipologia proposta da Bacone potremmo individuare
Plinio come uno scienziato-formica, sostenitore del "raccogli tutto e
porta a casa". Ma l'autore della Naturalis historia rimane un grande per quella sintesi di illuminismo e
di fiabesco che continuamente riaccende lo "stupore" (la più
autentica molla del sapere, secondo Aristotele) di fronte alla materia e ai
suoi incantesimi, dei quali il sapiente bambino è il cronista devoto e
infaticabile.
Trattando delle pietre preziose,
Plinio parla poco e con disprezzo del loro valore-di-scambio (che si traduce in
potere dell’uomo sull'altro uomo) ma è invece affascinato dal loro valore
di-verità e cioè la potenza espressiva attraverso la quale lo Natura condensa e
celebra il suo Geist. Nella premessa
leggiamo di "quelle gemme che, pur piccole, rappresentano tutta la
magnificenza della natura" e sono "talmente splendide da poter
indurre la maggior parte degli uomini alla suprema contemplazione". Roger
Caillois esortava al rispetto delle grandi pietre, la cui contemplazione
“soddisfava, attraverso le fughe della immaginazione, il bisogno di eternità
dell’uomo”. Per dare coerenza a queste brevi note, proponiamo una ipotesi interpretativa
di questa categoria della "suprema contemplazione".
Nel par. XIV Plinio ci tiene a
ribadire una linea di demarcazione fra scienza e non-scienza, impegnandosi a
biasimare "la nefanda vanità dei maghi". Nel corso del libro, i maghi
sono definiti "impostori" (par. XL) e "menzogneri" (par. LVI)
e "sfrontati" (par. LX). Durante tutta lo sua opera, II nostro
razionalista non ha perso occasione per tenere alta la bandiera
dell'anti-magismo, rilevando come lo "scienza dei Magi", fraudulentissima
artium, sia in contrasto non solo con lo ius humanum (Iib. XXVIII XXVlII2, 4), ma anche con quello divino
(lib. XXVlll 2, 9 e XXX 2, 11) e con lo stesso mos humanus
(lib. XXVIlI 2, 4). Nel libro XXX vi è una interessante esposizione delle connnessioni
fra la medicina, lo religione e l'astrologia con le "imposture
magiche", grazie alle quali "la più fraudolenta delle arti ha avuto
per molti secoli un potere grandissimo in tutto il mondo".
Etimologicamente il
termine magia, derivato dal greco magheia, indica lo "scienza dei Magi",
secondo Plinio nata in epoca antichissima in Persia , arricchita da molteplici
contributi orientali, giunta a Roma tramite la mediazione greca (ma nel libro
XXX anche lui riconosce lo presenza in Italia di pratiche magiche, prima di
qualsiasi contatto con l'Oriente). Di fronte a questa ars Plinio condivide la decisa condanna che da sempre
Roma ha formulato, anche se (proprio perché) i romani non mancavano di
usufruire dei suoi servigi.
La prima attestazione repressiva di
azioni magiche è data dalla condanna decemvirale del maleficio contro le
persone e le messi nelle leggi delle XII tavole, la cui composizione risale
alla metà del V secolo a. C. Ma i provvedimenti più specifici risalgono al 33
a. C. quando, sotto il triumvirato,
si cacciano dalla Urbs gli astrologi e
nel 16 d. C. quando, sotto Tiberio, un senato consulto mette al bando i magi;
durante lo stesso regno, il reato di magia comincia a essere punito con lo pena
capitale. Per l'uomo romano lo magia non è soltanto falsa e immorale; egli
prova un autentico horror di
fronte al potere di ire contra naturam (Quintiliano). Dal punto di vista della Weltangschauung romana ciò che è contro natura appartiene alla
categoria dei monstra. Plinio
definisce Ostane monstrorum artifex
(lib. XXVIII2, 6) e dichiara che l'intera umanità deve gratitudine allo Stato
romano per l'offensiva condotta contro quei poteri e pratiche eversive dell'equilibrio
cosmico che sono le "mostruosità" magiche (Iib. XXX 4, 13). Ma i
mostri sono buoni per pensare, dice Maurizio Bettini. Il mostruoso non è solo
il luogo dell’orrore, ma anche quello di una fascinazione misteriosa, perché incarna
qualcosa che pure abitando in noi stessi ci eccede, diventando un oggetto, al
tempo stesso, d’angoscia e di curiosità. Valga il film di Joe Dante, The Hole
del 2009: davanti a un buco senza fondo, i ragazzini devono scendere in una
botola per ingaggiare una battaglia contro le loro paure più fanciullesche.
Non possiamo sviluppare più di tanto
questo tema, ma vogliamo rimarcare le profonde implicazioni dell'antimagismo
romano: da una parte la tensione "illuministica" ed
"ecologica" contro le trasgressioni dell'ordine naturale,
irriducibili alla ratio e allo ius, dall'altra il conservatorismo implicito nella
condanna di ogni pratica non conforme al mos maiorum , come eversiva dell'ordine cosmico e quindi
dell'ordine sociale (per chiarirci, veniva repressa non ogni forma di
divinazione, ma quella mantica non controllabile dallo Stato). Si pensi che in
epoca imperiale la magia veniva assimilata al crimen maiestatis: l'accusa
diventava un efficace strumento repressivo contro gli oppositori politici e le
culture antiromane e curiosamente, gli imperatori che tralignavano dal loro
"giusto" ruolo finivano contestati come maghi. Plinio accusava esplicitamente Nerone,
nel libro XXX, di voler imperare tramite la magia. Si pensi al paradosso della Chiesa
cristiana, perseguitata per le pratiche magiche esercitate in riunioni segrete
e quindi illegali, che in seguito rivendicava il ruolo di continuatrice della
missione anti-magica dello Stato romano: come giustamente osserva Uboldo Lugli,
"come per l'ideologia quirite era magico tutto ciò che appariva come non-romano,
per quella cristiana (erede dell'antimagismo xenofobico alto-testamentario) era
assimilabile alla magia ogni manifestazione religiosa ad essa estranea".
Come abbiamo visto, Plinio era, a
proposito della magia, perfettamente allineato con lo tradizione latina e non
perdeva occasione per sbeffeggiare
la scarsa serietà degli orientali e degli stessi Greci. Ma a questo punto non
possiamo non sottolineare il
carattere storicamente riduttivo di questa definizione della "magia",
rispetto ad una ricca tradizione che va ben al di là del mondo latino. In fondo
Plinio colloca pacificamente sotto lo categoria della "scienza" tutta
una serie di proprietà terapeutiche delle pietre preziose che da sempre la
"magia" ha considerato di sua legittima competenza. Ma solo un passo
vogliamo indicare, nel par. XV di questo libro: "nella natura, come ho
cercato di dimostrare in tutta l'opera, ci sono accordi e disaccordi chiamati,
con termine greco, simpatie e antipatie". È questa "legge di
simpatia" (alla base, fra l'altro, della medicina omeopatica, dell'intera
iatrobotanica e delle terapie dei Magi nel mondo antico) che conferisce un
senso pieno a quella "suprema contemplazione" da cui siamo partiti.
In questo quadro categoriale l'effetto-verità
produce una comprensione-riconciliazione con il mondo sicut bonum. Contro l'aggressività bassamente egoistica di una
"magia" disposta ad ire contra naturam per soddisfare
un miserabile utile personale (ai giorni nostri non conosciamo forse i guasti
di tale magia nera, di questo logos del comando volto a trasformare in profitto e
consumare l'altro uomo e infine il
mondo stesso?) riemerge la figura del vero scienziato, che difende i valori
dell'umanesimo maturo contro il rozzo soggettivismo del calcolo e del
tornaconto, che propone una "gaia scienza" capace di godere del mondo sub specie aeternitatis.
Nella figura del Sapiente Bambino
abbiamo pensato di poter apparentare il post-moderno Caillois e l'antico Plinio.
Le pietre preziose, le scheggie
luminose che lampeggiano nel firmamento delle dimore oscure , dove s’intrecciano
membrature intrecciate di visibile e invisibile, indicano la porta dell’Estate:
“ Lumen in tenebris”.
L'erudito Plinio, il cronista dei
tormenti e delle gioie della materia, lasciò i suoi libri e s'inerpicò lungo le
pendici del Vesuvio, dopo aver visto i primi segnali di quella eruzione che
doveva seppellire Pompei, Stabia ed Ercolano: "accorreva donde gli altri
fuggivano, senza timore per se stesso, annotando tutto ciò che osservava di
quello spettacolo pauroso” (Concetto Marchesi). Come poteva fermarsi? Stava ascoltando
lo voce degli abitanti di una "notte opposta a quella astrale" : Il mundus dei romani costituiva una via tanto per gli Inferi
quanto per il Cielo. Era la stessa voce che dalla profondità del mundus (abisso) s'innalzava verso l'immensità del mundus (cielo). Stairway to heaven. L 'eruzione infuriava. Sulle navi cadeva una
pioggia sempre più densa di cenere e di lapilli infuocati. Plinio trovò la
morte e vinse le sue paure, nel
momento estremo, al cospetto del Grande Pozzo. Una traduzione è
l'eco di un eco, una piccola operazione magica per chi, come la preziosa Flora
Stefàno, è convinta che anche fra le pagine di un dizionario possa svelarsi il
pertugio che conduce verso il grembo delle fiabe.
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