domenica 27 luglio 2014

Biblioteca tarantina: Lino De Matteis




Biblioteca tarantina

Schede a cura di Roberto Nistri

LINO DE MATTEIS (a cura di), Fianco Sud. Puglia, Mezzogiorno, Terzo Mondo: rapporto sui processi di militarizzazione. Piero Manni ed, Lecce 1969.

(Terra di frontiera, in "Quotidiano" del 17 novembre 1989)

      II Regio Arsenale di Taranto venne inaugurato ufficialmente il 21 agosto 1889 con la visita di Umberto I, accompagnato dal principe di Napoli Vittorio Emanuele e da Francesco Crispi. Come si usa quando si attendono ospiti illustri, il comitato organizzatore della festa fece del suo meglio per garantire una buona accoglienza: come hanno ricordato in un loro saggio Vuozzo e Della Ricca. Vennero cosparse di sabbia le zone più luride, i muretti pericolanti venero spalmati di sapone onde evitare che qualcuno vi si potesse arrampicare, gruppi di prestanti cittadini vennero pagati perché applaudissero al re.
La celebrazione risultò solenne ma anche sinceramente festosa, in una gara di tricolori e di fiori, di fiaccole e fuochi d'artificio. Mentre il sovrano ringraziava dei fiori e accarezzava le fanciulle dello Istituto VerginelIe, come ricorda il cronista de "La Voce del Popolo", alcuni personaggi di buon appetito "presero d'assalto il buffet e lo divorarono tutto. Ci furono certi amicissimi del Municipio che empirono i fazzoletti di quel ben di Dio ch' era al buffet, portandoli a casa!".
      Mentre gli amici del Municipio erano intenti ad abbuffarsi, un amabile conversare veniva registrato da Roberto Bracco, che collaborava al "Corriere di Napoli" con il curioso pseudonimo di Baby: "II Re era di buonissimo umore. Presso al bacino disse a Brin: Fatemene una diecina di questi bacini per accogliere una diecina di queste Italie. Crispi soggiunse: Quanto a me, non desidero che cento milioni di lire per comperare un altro milione di fucili a cento lire ognuno. Altri discorsi simpatici si fecero durante la
visita. lo domandavo all' elegante generale Guidotti quando sarebbe divenuto generale d'armata ed egli, rivolgendosi a Crispi, disse: Sarò generale d'armata, quando Crispi mi farà una guerra".
      Cento anni sono trascorsi da quei bei giorni, una lunga storia che certo non può essere liquidata con le facili battute su una Taranto progressivamente divorata da quelle eterne gole profonde degli Amici del Municipio e dei Signori della Guerra. Intervenendo al convegno conclusivo delle manifestazioni celebrative per il centenario del grande cantiere navale, Giovanni Spadolini ha giustamente sottolineato come la storia dell'Arsenale sia la storia di tutta una città e anche un pezzo, tutt' altro che insignificante, della storia d'Italia. Una storia dalla quale molte lezioni possiamo trarre, perché venga interrogata e compresa nella sua globalità.  Non è un buffet, dove poter scegliere le pietanze di proprio gradimento.
Le mortificazioni di un territorio strategicamente asservito alla industria bellica; le oscillazioni di un'economia in espansione quando particolarmente aggressiva è stata la politica estera (dalla conquista della Libia alla prima guerra mondiale, dalla crisi etiopica al secondo conflitto) e pesantemente recessiva quando si è esaurita la spinta bellica (il "biennio rosso" nel primo dopoguerra, la paralisi dei cantieri dopo il '45); il clientelismo elettorale di guerrafondai come Federico Di Palma e le spietate discriminazioni e i licenziamenti di arsenalotti per motivi politici; la nuclearizzazione del territorio che sottende la costruzione della Base navale a Mar Grande; siamo convinti che anche di questi argomenti si sia discusso nel convegno dal titolo allettante, L'Arsenale militare marittimo di Taranto tra politica, strategia di difesa e sviluppo industriale.
      Ma, per il prevalere dello spirito di clan e della tradizionale vocazione autarchica, i risultati del convegno rimangono per noi arcana imperii: pur ripetendo continuamente che la storia dell' Arsenale è la storia di Taranto, la manifestazione si è svolta non in un locale pubblico ma nel chiuso del Circolo Ufficiali, tirando fuori gli inviti da una manica molto stretta (le riprese televisive hanno mostrato, fra l'altro, come non pochi posti siano rimasti inutilizzati). Non sono state invitate le segreterie territoriali di Cgil, Cisl e UiI. Non sono stati invitati studiosi tarantini che, sulle vicende dell'industria navalmeccanica, hanno più volte relazionato a convegni nazionali ed hanno pubblicato ricerche ampiamente citate in testi autorevoli, come il volume dedicato alla Puglia della einaudiana Storia d'Italia e quello dedicato a Taranto della collana laterziana Le città nella storia d'Italia.
      Agli esclusi dall'ufficialesco cenacolo consigliamo, come proficua alternativa, la lettura di un eccellente volume: Fianco Sud - Puglia, Mezzogiorno, Terzo Mondo: rapporto sui processi di militarizzazione. Con grande maestria gli autori hanno condensato in 140 leggibilissime pagine una gran mole di informazioni aggiornate su tutti gli insediamenti bellici in Puglia e una meditata riflessione sulla strategia aggressiva che si viene a delineare, con la nuova Base di Taranto come testa di ponte.
Come spiega nel suo saggio Lino De Matteis, l'ampliamento della base navale a Taranto, i Tornado a Gioia del Colle, la 61° Brigata aerea a Galatina, la base americana di San Vito dei Normanni, il battaglione "San Marco" a Brindisi, i poligoni militari sulla Murgia barese, la "Cittadella militare" a Lecce, sono solo alcuni momenti del più generale processo di militarizzazione che, con l'installazione degli F 16 a Crotone e lo spostamento da Londra a Napoli del Comando delle forze navali Usa in Europa, tende a rafforzare il ruolo strategico del Fianco Sud della Nato.
      Una militarizzazione che denuncia la volontà dell'alleanza Atlantica, assecondata dalla politica della Difesa italiana, di trasformare il Mezzogiorno d'Italia in un avamposto non solo contro i paesi dell'Est ma, e soprattutto, contro i paesi africani e mediorientali. Un avamposto militare insomma proteso verso il Terzo Mondo, pronto ad intervenire qualora lo sviluppo di quei paesi dovesse sfuggire al controllo o minacciare gli interessi dell'Occidente industrializzato.
Questo volume vuole essere un contributo alla cultura della pace e questo filo conduttore si svolge con perfetta coerenza anche negli altri saggi, tutti rigorosamente argomentati, di Nicola Occhiofino, Tonino Bello, Manlio Dinucci, Loredana Flore e Mario Proto. Il volume si chiude degnamente con le parole dei vescovi della Metropolia di Bari: "È già pesante il pedaggio che la Puglia sta pagando, in fatto di servitù, ai programmi di riassetto militare. Eppure il nostro popolo ha espresso più volte, in termini civili e democratici, il netto proposito di non lasciarsi spossessare del diritto di decidere sul suo presente. E anche sul suo futuro, ha chiaramente manifestato di volergli imprimere concrete proiezioni di pace ... Oggi più che mai, infatti, la Puglia è chiamata, dalla storia e dalla geografia, a protendersi nel suo mare come 'arca' di pace, e non curvarsi minacciosamente come 'arco' di guerra".

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